la serie
Antonio Scurati, Luca Marinelli
L’epopea mussoliniana ricostruita a tempo di techno-rock, con un protagonista che guarda in macchina e, rivolgendosi al pubblico, illustra astuzie, stratagemmi, trabocchetti, considerazioni, che gli hanno permesso di prendere in mano le redini di un Paese guidandolo verso una disfatta epocale: «Mussolini – dice il regista Joe Wright – ha trovato la maniera per ottenere il consenso delle persone, un tipo di consenso che è ancora molto presente. Il populismo di estrema destra ruota da sempre intorno alle legittime preoccupazioni delle persone e alle paure che ne derivano. Non è un caso che, nei periodi più difficili, emergano figure che tendono a sfruttare questi meccanismi». Il debutto ieri alla Mostra della serie in 8 episodi M Il figlio del secolo, tratta del best seller di Antonio Scurati, con Luca Marinelli nei panni del Duce, provoca brividi di entusiasmo e promette futuri dibattiti: «Per recitare in questo ruolo – spiega l’attore – ho dovuto fare quello che si fa sempre, cioè sospendere il giudizio, ma stavolta farlo per sette mesi, da antifascista convinto quale sono, è stato molto doloroso». Interpretare Mussolini era importante per tante, diverse, ragioni: «Non abbiamo fatto tesoro degli errori del passato, la storia purtroppo si ripresenta, lo vediamo ora in Italia, in Europa, nel mondo. Nella serie c’è una frase, quella con cui chiudiamo il prologo, “siamo ancora tra voi”. Purtroppo contiene una tremenda verità».
Regista de L’ora più buia dedicato a Winston Churchill, Wright precisa di non aver certo «voluto dare lezioni agli italiani sulla loro storia, non ho nulla da insegnare, tutto ciò che posso fare è metterli davanti a uno specchio». E infatti i rimandi all’attualità sono tanti, potenti, disseminati nei dialoghi e nelle ricostruzioni: «Per me il fascismo è nella politicizzazione della mascolinità tossica. Mussolini è il risultato dei rapporti che ha stabilito con la famiglia, con le donne, e con il mondo. Non credo che la serie necessariamente convincerà mai un fascista ad abbandonare il fascismo. Ma allo stesso tempo non volevo predicare ai convertiti, non volevo sfondare una porta già aperta. Quello che mi interessa di più è parlare alle persone che si trovano nel mezzo, agli indecisi, o a coloro che non ci hanno pensato granché, e presentargli la vicenda, sperando di incoraggiarli a pensarci di più e a non lasciarsi sedurre dalla politica della paura». Dalla fondazione dei Fasci Italiani nel 1919 fino al discorso di Mussolini in Parlamento nel 1925, dopo l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti, senza mai perdere di vista l’aspetto privato, in testa la relazione con la moglie Rachele e con l’amante Margherita Sarfatti (Barbara Chichiarelli), M Il figlio del secolo è stata per Marinelli una sfida difficile e vinta: «Mi ha aiutato la complessità, l’idea che in questo personaggio ci fossero tante sfaccettature, non solo quelle già note. Si vede il Duce trionfante, glorioso, violento, pazzo. Trattare certi personaggi come male assoluto, come se fossero il diavolo, è il modo per renderli più pericolosi, l’approccio più onesto era proprio nel mostrare M come uno di noi».
Alla Mostra è arrivato Antonio Scurati, reduce dal caso di censura in Rai che ha tenuto banco per settimane: «Quello che è successo – commenta Marinelli senza tirarsi indietro – è vergognoso. Anche per questo bisogna conoscere la storia, nulla va sottovalutato, lo vediamo proprio in quello che oggi sta succedendo». La serie porta le firme di Stefano Bises, Davide Serino e Antonio Scurati: «Ho sempre pensato – dichiara al Lido lo scrittore – che il cinema fosse il naturale prolungamento del mio romanzo-documentario. Il romanzo, come la serie, è antifascista. Certo c’erano dei rischi, legati alla dimensione spettacolare della serie, però alla fine, il film conserva la vocazione del romanzo, pur con un tono nuovo, coinvolgente e affascinante per gli spettatori. Riesce a far capire quale seduzione fosse il fascismo e a far provare repulsione nei suoi confronti. Lo spettro del fascismo si aggira ancora per l’Europa e ciò che l’arte può fare non è evocarlo, ma disperderlo». Scandita dalle musiche di Tom Rowlands, parte del duo britannico The Chemical Brothers, M Il figlio del secolo usa tutti i segni della contemporaneità, a un certo punto il Duce, riferendosi all’Italia, usa la frase guida della campagna elettorale di Donald Trump «let’s make America great again»: «Non c’era bisogno di essere didattici – spiega il regista –, abbiamo pensato che il pubblico avrebbe fatto connessioni con il presente da solo, anche senza le nostre sottolineature, ma in questo caso non ho potuto resistere». f. cap.