Un governo con dei ministri della France Insoumise sarebbe vittima di una «censura immediata»: così si sono espressi i principali leader della coalizione macronista, in conclusione della prima giornata di colloqui voluti da Emmanuel Macron con le forze politiche, in vista della formazione del nuovo governo.

LA CRISI ISTITUZIONALE avviatasi dopo lo scioglimento dell’Assemblée Nationale voluto a giugno da Macron, sembra quindi ben lontana dall’essere risolta. Le legislative di luglio hanno sancito la vittoria del Nfp, arrivato in testa ma ben al di sotto di una maggioranza assoluta in parlamento. La coalizione macronista, dal canto suo, ha perso quasi 80 deputati rispetto allo scrutinio del 2022, che pure era stato considerato disastroso: Macron aveva perso la maggioranza assoluta in parlamento.

Con una Camera tripartita tra il Nfp (maggioranza relativa), Ensemble (la coalizione di Macron) e l’estrema destra del Rassemblement National, il presidente della Repubblica ha inizialmente affermato che «nessuno ha vinto» le elezioni, prima di imporre un’unilaterale «tregua olimpica». Finora, Macron ha fatto orecchie da mercante agli inviti dei leader della sinistra francese di nominare la prima ministra proposta dal Nfp, Lucie Castets.

Dopo aver ricevuto i rappresentanti della sinistra guidati da Castets, è stato il turno dei leader di Ensemble e dei Républicains, cioè i gollisti di destra che hanno rifiutato di unirsi all’avventura di Éric Ciotti, ormai alleato di Marine Le Pen. Secondo quanto riportato dall’Agence France-Presse, davanti ai «suoi» il presidente della Repubblica ha sostenuto che il risultato delle legislative «non è una smentita completa» del proprio campo politico. Per questo, ha detto, l’obiettivo è la ricerca di una «soluzione istituzionalmente stabile», ovvero una che permetta la creazione di «un governo stabile e sicuro».

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Castets su pensioni e salario minimo: «Guai a rinnegare le promesse fatte»Immediatamente, il primo ministro dimissionario Gabriel Attal ha riecheggiato le parole di Macron in un messaggio ai deputati di Ensemble, pubblicato dai media francesi. Secondo Attal, la volontà dell’inquilino dell’Eliseo «è quella di far emergere una soluzione istituzionalmente stabile, che possa far evitare un nuovo scioglimento» dell’Assemblée Nationale.

DIECI GIORNI FA, Gabriel Attal aveva inviato una lettera ai rappresentanti dei partiti che la macronie ama definire «repubblicani»: cioè, tutti tranne La France Insoumise e il Rassemblement National. Nella missiva, Attal aveva proposto un «patto d’azione» attorno a una serie di priorità tanto vaghe quanto ampie, in cima alle quali figurava «il risanamento dei conti pubblici».
Uscendo ieri dall’Eliseo, l’attuale primo ministro ha difeso l’idea di una grande coalizione con la destra gollista e una parte della sinistra, malgrado il fatto che, per ora, quasi nessuno nel Nfp abbia risposto positivamente. Attal vedrebbe di buon occhio la nomina di un premier «che non viene dai partiti del blocco centrale, nel quadro di un governo che rappresenti un largo spettro di sensibilità, dalla sinistra alla destra repubblicane», ha detto.

Soprattutto, il primo ministro uscente ha affermato che Ensemble voterà una «mozione di sfiducia immediata nel caso in cui un governo comportasse dei ministri di Lfi». La minaccia è stata prontamente ripresa da Stephane Séjourné, il capo di Renaissance, il partito di Macron.

Secondo il quotidiano economico Les Echos, proprietà del miliardario del lusso Bernard Arnault, «la nomina di Lucie Castets è stata, di fatto, esclusa da Macron. La prospettiva di vedere dei membri di Lfi entrare al governo costituisce una linea rossa condivisa dai partecipanti» all’incontro tra Macron e i leader di Ensemble.

SU TALE MINACCIA anti-Lfi si è rapidamente coagulata una sembianza di coalizione. Pochi minuti dopo le dichiarazioni di Attal, il capo dei Républicains, Laurent Wauquiez, ha affermato che anche i suoi deputati voterebbero immediatamente una mozione di sfiducia, qualora dei ministri Lfi facessero parte di un governo. «Faremo barrage (diga) a Lfi, sono pericolosi per la Repubblica», ha detto Wauquiez, dopo il suo rendez-vous con Macron. I Républicains non parteciperanno organicamente ad alcuna coalizione di governo, ha sostenuto Wauquiez, ma i suoi non hanno «l’intenzione di essere degli oppositori sistematici», confermando l’apertura a una forma di collaborazione con la compagine macronista espressa già durante l’estate.

Tuttavia, anche con il sostegno dei Républicains, persino aggiungendovi qualche deputato eventualmente in rottura col Nfp, una coalizione del genere sarebbe comunque ben lontana dalla maggioranza assoluta che, a parole, Macron pone come discrimine per nominare un primo ministro.