
Notes on Heart and Mind
24 Marzo 2025
Il ritorno del Papa architetto di tutto
24 Marzo 2025Maggioranza, è scontro aperto, Tajani: «Populisti quaquaraquà»
Gli attriti
Attacchi leghisti. Il ministro: c’è chi pensava di saccheggiare i nostri pascoli. Affondo di Schlein
Cesare Zapperi
MILANO A volte «ci attaccano anche aspramente, ma non ti curar di loro, guarda e passa». Antonio Tajani risponde in versi alle punzecchiature dell’alleato leghista che, per bocca del sottosegretario Claudio Durigon, lo dipinge in difficoltà e bisognoso di un aiuto. Ma passa presto alla più secca prosa, senza comunque mai indicare espressamente il bersaglio, per richiamare al rispetto reciproco. «Ci attaccano aspramente perché forse pensavano di poter venire a saccheggiare i nostri pascoli, ma l’abigeato è anche un reato politico. Invece abbiamo saputo difendere le nostre pecorelle».
Da giorni, ormai, tra Lega e Forza Italia è un batti e ribatti tra accuse di invasioni di campo e rivendicazioni di ruoli. E per quanto la premier Giorgia Meloni abbia fatto capire di non apprezzare, il confronto continua ad alimentare scintille tra gli alleati che per la segretaria del Pd Elly Schlein sarebbero la dimostrazione che il governo «non sta più in piedi». L’attivismo di Salvini (dalla telefonata con il vicepresidente americano JD Vance al rapporto sempre più stretto con Elon Musk) è la logica conseguenza di una strategia concorrenziale che punta a riguadagnare i consensi perduti («le pecorelle smarrite»).
Ieri Tajani, chiudendo a Milano un convegno sull’Europa organizzato dai giovani azzurri, butta lì una riflessione che non piacerà alle orecchie leghiste: «Un partito quaquaraquà parla e dice senza studiare e riflettere. Sono i partiti populisti che un giorno dicono una cosa e un giorno un’altra. Noi preferiamo lavorare e non strillare perché chi strilla conta e comanda poco».
Salvini ieri sulla politica estera non è intervenuto. Solo la consueta serie di post sui social, stavolta dedicati al Papa, al rilancio della proposta di castrazione chimica per gli stupratori, all’attacco dell’eurodeputata Ilaria Salis che vorrebbe «l’abolizione della proprietà privata» e alla condanna di Romano Prodi per la reazione alla domanda di una giornalista. Sul tema estero il leader leghista era stato chiaro nei giorni scorsi rivendicando ampia libertà d’azione nel suo ruolo di vicepremier.
La Lega sfiducia
il ministro degli Esteri Tajani dopo aver già commissa-
riato Meloni,
non stanno più in piedi
Per la Lega la polemica di giornata è con Schlein e gli esponenti del Pd che attaccano la maggioranza facendo leva sul rapporto molto dialettico tra leghisti e azzurri. I capigruppo dem alla Camera e al Senato, Chiara Braga e Francesco Boccia, e il capodelegazione a Bruxelles Nicola Zingaretti, vanno giù duri: «Visto che la politica estera la fanno premier e ministro degli esteri, va chiarito a nome di chi lo fanno. Perché un pezzo della maggioranza non ci sta: la Lega ha detto che Tajani deve farsi aiutare. Mentre qualche giorno fa spediva Meloni a Bruxelles senza mandato per approvare il Rearm Ue. Non si governa così un paese. Se ognuno va per conto suo, non possono governare».
Il vicesegretario leghista Andrea Crippa è secco: «Schlein si preoccupi della sinistra, visto che non è in grado di compattare nemmeno il suo Pd. Maggioranza e governo sono solidi, con la Lega che fa da collante del Centrodestra. Avanti uniti». Il senatore Claudio Borghi è più velenoso: «Se Salvini parla con Vance uno dovrebbe essere contento, se si ha a cuore l’interesse dell’Italia. Se invece uno ragiona sullo 0,5% in più alle Regionali, allora alzo le mani…».