Afuera!, il grido mileista con cui è stata convocata la prima radunata poco sediziosa del fan club nostrano, campeggia alle spalle dei relatori e a fianco di una grande foto del presidente capelluto, che sembra guardare verso il palco impartendo una tacita benedizione. Nelle due ore di dibattito non si sentirà parlare nemmeno una volta del Milei antiabortista, del Milei negazionista del clima, del Milei che strizza l’occhio ai nostalgici della dittatura militare, del Milei che in nome del mercato venderebbe al diavolo tutto: anima, organi ed esseri umani interi. Non si parlerà nemmeno del Milei pazzerello e folcloristico: quello dei cani clonati, delle sedute spiritiche e dell’erotismo esagerato; giusto qualche battuta sulla motosega, e via. In effetti, bisogna riconoscere con rammarico, l’evento è meno frizzante e più noioso di quello che si poteva immaginare.
Non è tanto il culto del Milei argentino a riempire la stanza, in verità, quanto l’aspirazione di averne uno – magari un po’ meno matto e populista, più presentabile per i liberali da divano italiani – anche alle nostre latitudini, per spezzare finalmente le reni a questo Stato tiranno e impiccione che ci nega la libertà. Le elegie per il loco sono blande, alcune un po’ timida, uno come lui meritava un sostegno più colorato e spettacolare. “Il nostro è un flusso di simpatia per Milei”, dice Velardi, “ma l’approccio è laico, le differenze tra Italia e Argentina sono grandi”. Chicco Testa non condivide per intero “il discorso di Davos”, la Bibbia-bignami dei mileisti, ma la sua ammirazione è limpida: “Delle parole così radicali sul rapporto tra libertà e dominio dello Stato non si sentivano dai tempi della Thatcher”.
Per Malan “è un personaggio affascinante, non è solo motosega”. Anzi: “Fa discorsi con citazioni appropriate di studiosi, filosofi, economisti, politologi”. Poi il senatore di Fratelli d’Italia si fa più serio, quasi corrucciato: “Ora però deve passare dalla teoria alla pratica e questo è difficilissimo” (parla di Milei, ma probabilmente pensa alla sua Meloni). Infine si lascia scappare la frase più mileista della serata, quella che spiega di cosa stiamo parlando davvero, l’insofferenza a ogni forma di controllo statale: “In Italia serve un certificato per tutto. La lotta alla corruzione, la lotta alla mafia, la lotta all’inquinamento… sono tutti motivi nobilissimi, ma molto spesso alla realtà viene sostituito un certificato. Il certificato antimafia è una delle cose più folli, dovrebbe riguardare solo chi è condannato e in carcere”.
Si vola alto, ma il giovane Giubilei riporta tutti a terra, a contatto con la realtà quotidiana, con una preziosa testimonianza dalle sue vacanze argentine a ridosso del trionfo del loco. Il dramma dell’inflazione colpisce anche i turisti: “Sono andato a ritirare e dentro una banca c’erano dei senzatetto. Il limite massimo del prelievo era di 30 euro e le macchinette non erogavano nemmeno quelli, ne ho girate due o tre. Per noi europei è inconcepibile. Alla fine, quando ho trovato un cambio, con 50 euro mi hanno dato una mazzetta di pesos così grande che non mi entrava nel portafogli”.
Il renziano Marattin, già consigliere economico del fu premier, parla tanto e con la consueta ammirazione di sé, che sprizza da ogni parola. Spiega anche lui, con termini senz’altro più dotti, quanto gli faccia schifo lo Stato. È vagamente iettatorio: “L’Argentina è lontana, la Grecia no”.
Per fortuna che c’è Ruggieri, l’unico mileista che non fa calare la palpebra. Regala subito un aneddoto che vale l’intera seduta: “Dovete sapere che io, Marattin e Cattaneo siamo tutti nella stessa chat di Whatsapp”. Gli amici liberali. “C’è uno scazzo continuo tra Marattin e Cattaneo, si contestano l’un l’altro su chi viene meno al proprio liberalismo”. Mica pensavate parlassero di donne? “Marattin lo chiamiamo ‘Mara’, Cattaneo lo chiamavamo ‘KitKat’, ma ora è accusato di essere ‘Cazzaneo’”. Il livello è siderale. “Il signor Milei – stabilisce l’apodittico Ruggieri – non è un cazzone, come vogliamo sciattamente dipingerlo qui. Rappresenta l’unica vera novità nella politica mondiale, oggi come oggi. L’approccio liberale di massa è il più attuale, in una nazione come l’Italia, un carrozzone che è destinato a fallire entro 15 anni”. Ma come, con intellettuali così.