La ricorrenza sono stati i due anni dalla morte del padre, Silvio Berlusconi, che la famiglia ha ricordato a Villa San Martino ad Arcore in una messa seguita da un pranzo, a cui hanno partecipato tutti e cinque i figli, di Fedele Confalonieri, Gianni Letta, l’ad di Fininvest Danilo Pellegrino, Paolo Berlusconi e Marta Fascina.

La sede, l’ex quotidiano di famiglia Il Giornale. In una lunga intervista al direttore Alessandro Sallusti, la primogenita Marina Berlusconi ha di fatto messo nero su bianco il decalogo dell’eredità politica berlusconiana, estrapolato direttamente dalle ultime pagine scritte dal fondatore di Forza Italia dal suo ricovero in ospedale. Un «manifesto liberale» che si distilla in rafforzamento dell’Europa, Alleanza atlantica e giustizia.

Marina Berlusconi ha utilizzato parole precise per spiegare il sogno paterno della costruzione di una «Italia ed Europa senza muri», con «collaborazione politica e solidarietà sociale» e soprattutto una «politica estera e di difesa comuni». Parole chiare per chi appartenga alla famiglia europea dei Popolari, decisamente meno digeribili per agli alleati di governo.

Difficile che Matteo Salvini – il quale ha ricordato Berlusconi in un tweet – concordi con la necessità di abbattere i muri. Anche Giorgia Meloni, che pure da quando è a palazzo Chigi ha mitigato la linea euroscettica, non userebbe certo le stesse parole per indicare il futuro che auspica per l’Ue. Marina ha parlato della necessità di «una nuova forma di patriottismo che sia europeo», ma né Lega né Fratelli d’Italia declinerebbero mai in questo senso una parola che pure è al centro dei loro slogan.

Altro punto è «il legame con gli Stati Uniti», che forse è l’unico tassello del manifesto berlusconiano che tutti nella coalizione di centrodestra (e anche fuori) sottoscriverebbero. Con diverse sfumature rispetto a quelle del Cav, ma anche Meloni ha subito messo al centro della sua agenda estera la costruzione di un rapporto privilegiato con gli Usa di Donald Trump.

Più facile a dirsi che a farsi. Paradossalmente – e questo Berlusconi non avrebbe potuto immaginarlo – il vero ostacolo a che il legame con gli americani rimanga solido è proprio il presidente statunitense, con la sua politica dei dazi e le richieste di aumento di spese militari con la Nato.

La giustizia

Infine, l’intervista contiene un passaggio fondamentale per quanto riguarda la politica interna. Dimenticato il presidenzialismo, che pure era un pallino dell’ex premier, Marina ha rimarcato invece come «priorità» la riforma della giustizia.

La separazione delle carriere che dovrebbe arrivare in aula al Senato la prossima settimana ma non solo: serve «anche la responsabilità civile dei magistrati, in nome di un principio sacrosanto che dovrebbe valere anche per loro: è giusto che chi sbaglia risponda dei propri errori». Proprio questa battaglia è da quasi quarant’anni al centro del dibattito politico. Abrogata con un primo referendum nel 1987, nel 1988 è stata introdotta una legge che prevede l’azione risarcitoria diretta contro lo Stato, che solo in seguito può rivalersi sul magistrato in caso di dolo o colpe grave.

Un tentativo di introdurre la responsabilità civile era stato fatto da Radicali e Lega nel 2022, sempre con referendum. Il quesito, però, è stato dichiarato inammissibile dalla Corte.

Ora a riproporla potrebbe essere proprio Forza Italia, e troverebbe probabilmente il consenso della Lega e anche quello di una parte di Fratelli d’Italia. Il punto, però, riguarda la fattibilità politica: la riforma costituzionale della separazione delle carriere ha già provocato un durissimo scontro istituzionale con la magistratura, la quale ha sempre considerato forme di responsabilità diretta come un modo per imbrigliare le toghe.

Chi potrebbe mai lavorare con serenità e indagare a tutto tondo contro i potenti, con la pressione di dover rispondere civilmente delle proprie azioni compiute in nome dello Stato? Aprire anche questo fronte aprirebbe un nuovo scontro.

Al netto specifico dei contenuti, tuttavia, l’intervista di Marina Berlusconi è stata soppesata parola per parola, come già accaduto con quella sul Foglio di febbraio. Il suo è apparso come un messaggio molto chiaro sia a chi, in Forza Italia, sta portando avanti il progetto politico di Berlusconi, che agli alleati di governo. La famiglia del Cav, del resto, garantisce ancora le fidejussioni di Forza Italia. Il partito – seppure nessuno dei figli è direttamente coinvolto in politica – è un asset del patrimonio familiare e la voce di Marina è sempre ascoltata. E temuta.

Impossibile non leggervi una indicazione di linea, che viene spiegata da un azzurro. Per Salvini e Meloni l’avviso è chiaro: Forza Italia è e rimane un partito europeista, addirittura patriottico nel suo europeismo, in contrapposizione con il patriottismo antieuropeo della Lega. Per FI, invece, il messaggio è quello di non arretrare e soprattutto di non rinunciare alla propria autonoma posizione sia in Ue che al tavolo delle riforme italiane. I cinici, infine, hanno notato anche quello che non c’è, nel manifesto: il richiamo al centrodestra unito, che è stato un refrain storico del berlusconismo.

Ora, dunque, l’indicazione della famiglia Berlusconi per i forzisti e soprattutto per il vicepremier Antonio Tajani è quella di mantenere salda la loro specificità «moderata» e di non liquefarsi nel destra-centro. Un avvertimento, più che un invito.