STABILITÀ CONTRASTATA DA UN ASSETTO IN EVOLUZIONE
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26 Novembre 2022ROMA — Non può permettersi un nuovo scontro con Parigi. Non dopo che Sergio Mattarella ha permesso di riallacciare relazioni diplomatiche compromesse con Emmanuel Macron. Per questo, Giorgia Meloni detta una linea prudente sui migranti. Impartisce l’ordine di schivare un nuovo conflitto. Ignora i toni aspri dei francesi e la minaccia di non partecipare più alla redistribuzione di chi approda in Italia. E invita anzi a concentrarsi sul bicchiere che giudica mezzo pieno, cioé il fatto che Bruxelles abbia accettato di ragionare della rotta del Mediterraneo centrale. Nel frattempo, la strategia italiana sui porti e le Ong evolve, ma a piccoli passi. E dunque, formalmente Roma potrebbe negare nuovamente l’approdo a queste imbarcazioni, dopo quanto accaduto alla Ocean Viking. Ma in realtà fa affidamento sulla stagione fredda, che inevitabilmente riduce le partenze, per evitare nuovi incidenti.
Lo scontro con l’Eliseo delle scorse settimane ha lasciato ferite difficili da rimarginare. Meloni ha toccato con mano i risultati del muro contro muro, che in poche ore ha vanificato quella sponda di Macron costruita nei due anni precedenti da Mario Draghi. Meglio sottrarsi alla polemica con Parigi. Silenziare l’ala dura. E concentrarsi sugli altri Paesi mediterranei, a cui interessa una gestione comune dei migranti. Sono gli stessi che saranno fondamentali per lottare per ilprice cap in vista del Consiglio europeo di dicembre. Un altro dossier su cui Parigi adesso è assai meno incline a sostenere l’Italia.
E quindi, pragmatismo e propaganda: insieme concorrono a definire i margini (limitati) di manovra di Meloni in Europa. Da Palazzo Chigi si fa solo sapere che l’eventuale scelta francese di sfilarsi dalla redistribuzione volontaria dei migranti cambierebbe di poco il quadro, visti i numeri esigui dell’accoglienza. La scelta è invece quella di valorizzare il vertice di ieri a Bruxelles, chiesto dall’Italia, a cui ha lavorato anche il ministro Raffaele Fitto. Di plaudire all’ipotesi di hotspot nel Nord Africa e all’eventuale codice di autoregolamentazione delle navi Ong. Tutte opzioni neanche embrionali, e che non è detto vedano mai la luce. Ma tanto basta per parlare di un passo avanti.
Ma la premier fa di più, in queste ore: evita di polemizzare anche sulla mossa franco-tedesca di siglare un patto di mutuo soccorso sull’energia. Anche in questo caso, propaganda e inevitabile pragmatismo si mischiano. Roma ricorda di avere energia sufficiente per superare l’inverno.
Giudica ovviamente poco solidale la scelta di Parigi e Berlino. Ma anche controproducente in prospettiva. E questo perché i gasdotti provenienti dal Nord Africa transiteranno inevitabilmente dall’Europa mediterranea: conviene ai paesi del Nord entrare in competizione con il Mezzogiorno d’Europa sul terreno dell’approvvigionamento? In realtà, il quadro è più complesso. I tedeschi continuano a fermare unprice cap degno di questo nome. In vista del Consiglio Ue di dicembre la premier proverà a collaborare con i Paesi che hanno già bloccato il pacchetto sugli acquisti comuni europei proprio per strappare un vero tetto al prezzo del gas. Sono Spagna e Portogallo, ma anche Polonia e Belgio. Meloni cercherà Varsavia, che ieri ha addirittura ipotizzato l’approvazione a maggioranza qualificata del price cap . E presserà Charles Michel, meno timido di Ursula von der Leyen su questo dossier. Una mossa della premier italiana verso il presidente del Consiglio europeo è attesa già nei prossimi giorni.