l ‘intervista a Matteo Renzi
Decaro: “Da noi sindaci via libera a tutte le gare il governo non è pronto”
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14 Agosto 2023di Carlo bertini
«Sul salario minimo, hanno fatto una passerella per i social, lo si può fissare a 10 euro ma solo abbassando le tasse alle imprese»: come al solito Matteo Renzi non ha peli sulla lingua. Tornato da Cortina, in una pausa domenicale prima di andare a messa a Firenze, il leader di Italia viva ne approfitta per sferzare la premier che «rimanda la palla al Cnel, delegittimando la sua maggioranza e la ministra del Lavoro». Punge Elly Schlein che «sembra più a suo agio con gli armocromisti che con i cantieri». E azzarda una previsione: «Tra un anno Meloni sarà a capo di un governo rimpastato ma senza di noi».
Nel frattempo farà una legge che comprenda un salario minimo, secondo lei?
«È tutto ancora in alto mare. Ma prima del merito è il metodo che stupisce. Con i parlamentari in ferie, la Meloni tratta le opposizioni ricevendole in Sala Verde come fossero sigle sindacali. E la centralità del Parlamento? La concertazione la fanno i sindacati, la politica i partiti. Se ne sono capaci».
Come le pare la mossa di Meloni di prendere tempo delegando la pratica al Cnel?
«Una presa in giro verso l’opposizione. Scusi: la premier convoca tutti l’11 agosto e anziché fare una proposta dice che deve sentire il Cnel? Sei al governo, non sei un centro studi. Hai una ministra che in teoria si occupa di lavoro. Se hai una idea, dilla. E invece rimandi la palla al Cnel, l’organismo più inutile della Costituzione?».
Se la premier proporrà di detassare i rinnovi contrattuali, tagliare il cuneo e sfoltire i contratti pirata, Iv si metterà di traverso?
«Con i se non si fa nulla. Meloni fa “la bella addormentata nel bosco” eppure è quasi un anno che è al governo. Ha un’idea? La tiri fuori. Ho l’impressione che la premier non abbia fatto i conti sulla prossima legge di Bilancio. Dai miei conti mancano oltre trenta miliardi. Dove li trova? Come finanzia la detassazione? Qui non c’è solo il salario minimo su cui ci aspettiamo geniali idee del mancato premio Nobel Brunetta: qui c’è il ceto medio che non arriva alla fine del mese, quello è il problema».
Ma perché non ha condiviso la battaglia su una paga minima, visto che il 75% degli italiani è a favore, come conferma l’ultimo sondaggio di Ghisleri?
«Sono l’unico ad aver aumentato i salari in modo organico con i famosi 80 euro. E ho proposto il salario minimo fin dal 2018, dopo aver creato il Rei. Ma la politica richiede l’intelligenza complessiva di inserire il singolo tema in dossier più ampi. Il salario minimo lo puoi fare – per me sarebbe giusto a 10 euro – se abbassi le tasse alle imprese. Fai la decontribuzione con il JobsAct, fai Industria 4.0, togli l’Irap, fai la partecipazione dei lavoratori agli utili, semplifichi il modello contrattuale e hai una idea compiuta del lavoro, non del “Sussidistan” come è stato grazie al reddito di cittadinanza. Allora fai anche il salario minimo. Ma va presentato un progetto organico in Parlamento: sono in grado? Secondo me no».
Condivide la tassa sui profitti delle banche?
«Fatta in questo modo no. Non porta un euro, perché costa allo Stato, anche solo in termini di capitalizzazione, più di quello che incassa. E inoltre Meloni ha perso credibilità internazionale per inseguire i sondaggi. È un danno reputazionale: si è fatta male lei, ha fatto male al Paese».
La sinistra è convinta che lei si stia dirigendo passo dopo passo verso la maggioranza. Sbagliano?
«Sbagliano, come su quasi tutto in questo periodo. Sulle banche, sulla pagliacciata in Sala Verde, sulla riforma delle intercettazioni: è la sinistra che fa da stampella a Meloni. Sulla Rai, Conte è a pieno titolo in maggioranza. Io non faccio una guerra ideologica alla premier, perché se lei dice cose giuste io sto dalla parte del Paese. E non divento giustizialista per compiacere i grillini. Ma resto all’opposizione».
Con Calenda siete separati in casa. Non dividete ancora i gruppi parlamentari perché al Senato temete di finire entrambi nel misto sotto un capogruppo di sinistra?
«Non inseguo le dichiarazioni di Calenda, perché dice tutto e il contrario di tutto. Ora ha dichiarato che le strade sono già divise. Noi ci vedremo con i parlamentari di Italia viva a settembre e decideremo in modo democratico. Non comando io via Twitter: chi ha fatto la gavetta e non si è ritrovato – come per esempio Carlo – ministro all’improvviso, sa che in politica servono tempi e pensieri lunghi. Quanto ai gruppi: il regolamento del Senato parla chiaro e in caso di rottura noi non andiamo al misto. Calenda non so».
C’è chi scommette in una lista per le Europee di Iv con Forza Italia. Illazioni?
«Noi vogliamo giocare una partita decisiva in Europa occupando il centro, Forza Italia invece sta coi sovranisti. Facendo il 4%, possiamo ambire a una presenza significativa nelle istituzioni europee. Puntiamo a quello e io sono ottimista sui risultati».
Il governo arriverà indebolito alle Europee con tutte queste grane, dal Pnrr ai migranti o la premier le sembra salda?
«Meloni è salda. Magari cambierà qualcosa nella squadra ma non ci riguarda, noi siamo all’opposizione».
Sull’alluvione, tra Meloni e Bonaccini con chi sta?
«Coi cittadini dell’Emilia Romagna. Dunque con Bonaccini che ha ragione a battere cassa. Capisco però l’imbarazzo di Schlein che in quella Giunta in cui aveva la delega al Patto per il clima (prevenzione ambientale, ndr) non ha brillato. Elly se la cava più con gli armocromisti che con i cantieri, a quanto pare».
Ultima cosa, come immagina il quadro politico tra un anno?
«Meloni ancora premier, governo rimpastato. E i centristi – anche italiani – decisivi in Europa».