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25 Luglio 2022Calenda non chiude al Pd «Ma a Palazzo Chigi vada Draghi»
26 Luglio 2022
di Marco Cremonesi e Paola Di Caro
ROMA «Se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo, non avrebbe senso andare al governo insieme». Giorgia Meloni sceglie il Tg5 per annunciare il più affilato degli ultimatum: sta parlando della premiership, le regole interne al centrodestra per la decisione ultima sul candidato premier. Il concetto non è nuovo: in realtà, tante volte nelle ultime settimane è stato enunciato dai suoi. Ma per la prima volta è lei stessa che lo cesella in termini così ultimativi, forte di sondaggi in cui i Fratelli d’Italia toccano anche il 25% e il centrodestra supera il 45%: «Confido che si vorranno confermare anche per ragioni di tempo regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato, che noi abbiamo sempre rispettato e che non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi». Oggi, nel momento in cui il pallino è nelle sue mani.
Matteo Salvini risponde a stretto giro con il tono più accomodante: «Lasciamo a sinistra litigi e divisioni: per quanto ci riguarda, siamo pronti a ragionare con gli alleati sul programma di governo partendo da tasse, lavoro, immigrazione e ambiente». Per darle, dunque, ragione: «Chi avrà un voto in più, avrà l’onore e l’onere di indicare il premier».
I dubbi azzurriForza Italia continua a essere il partito più scettico sull’opportunità che il centrodestra indichi il suo candidato subito. Lo dice il coordinatore Antonio Tajani: «A me interessa che il centrodestra vinca, poi penseremo a chi alza la coppa. Perché se non si vince, la coppa non la alza nessuno». «Non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti di chicchessia, sederanno al tavolo i leader e decideranno le regole». Ma la regola non c’è già? «C’erano situazioni ben diverse», replica Antonio Tajani.
Ma Meloni sottolinea il suo primato anche in un altro modo, appena più obliquo, attraverso una risposta al segretario dem: «Non ho bisogno dei regali di Enrico Letta, né dei loro riconoscimenti». Semplicemente, «Letta fotografa la realtà quando dice che bisognerà scegliere tra Fratelli d’Italia e il Pd». Questo perché «sono i due principali partiti che si confronteranno in queste elezioni in un sistema che potrebbe tornare bipolare». Per Meloni «una buona notizia, perché nel bipolarismo si confrontano identità: centrodestra contro centrosinistra, progressisti contro conservatori. Questo è lo scontro e gli italiani sceglieranno da che parte stare».
Meloni prevede che comunque la campagna elettorale sarà agitata se non burrascosa. Lei stessa è al centro di innumerevoli meme su tutti i social. «Ma noi non ci facciamo intimidire — dice —. E penso che la sinistra abbia bisogno di inventare una macchina del fango contro di noi perché non può dire niente di concreto e di vero. Noi non abbiamo bisogno di inventare una macchina del fango contro di loro perché possiamo banalmente raccontare i disastri che hanno prodotto in Italia negli ultimi 10 anni al governo».
Attenzione: il problema non è soltanto chi farà il candidato premier, ma anche come saranno suddivisi i collegi uninominali: chi, cioè, in ciascuno dei vasti collegi sfiderà gli avversari a nome del centrodestra.
La divisione dei seggiIl capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida, fornisce la seguente traccia: «I sondaggi dicono che FdI vale il 50% della coalizione. Poi, ci possono essere degli aggiustamenti ma occorre partire da qui». Sulla base di quanto sanciscono i sondaggi o la loro media. Con i meloniani che potrebbero mostrare «generosità» riguardo ai collegi da attribuire ai centristi e ipotizzano anche un’altra «generosità». E cioè, che la campagna elettorale possa non essere necessariamente incentrata su «Meloni premier».
Insomma, la vigilia del summit di coalizione di domani è frizzante. I tre leader si incontreranno in «terreno neutro», alla Camera, per cominciare a mettere in chiaro le regole delle Politiche 2022.
La LegaI leghisti, nonostante il progressivo arretrare nei sondaggi (ieri il Tg di La7 attribuiva al partito il 12,4%) non sono affatto abbattuti. Salvini viene descritto come assolutamente tranquillo e in una nota parla di clima di «totale serenità con gli alleati: premiership? Vinca il migliore». Oggi incontrerà ministri e sottosegretari per preparare il programma elettorale del centrodestra a partire da «tasse, pace fiscale e immigrazione». I leghisti — e non solo Salvini — sono di buon umore. Primo, perché non danno la partita per persa: «In fondo — annota un senatore — basta che dalle urne escano pochi punti in meno per loro e qualcuno in più per noi e tutto è ancora da vedere». E poi, molti godono del bilancio della caduta del governo: «Si sono spaccati i 5 Stelle, il “campo largo” è devastato, i centristi faranno fatica a organizzarsi e abbiamo potuto smettere in anticipo di dare sangue per sostenere il governo».