Per questo Palazzo Chigi si affretta a definire come “non concordata” la posizione di Speranzon, aprendo comunque un’altra crepa all’interno del governo sulla guerra in Ucraina. Tant’è vero che a metà pomeriggio, quando la dichiarazione esce sulle agenzie di stampa, da Palazzo Chigi parte un giro di telefonate per capire chi abbia dato l’autorizzazione al vice capogruppo al Senato di attaccare Kiev. La posizione del governo italiano non cambia: l’Ucraina ha il diritto di difendersi anche se questo può comportare attacchi nel territorio russo.
Le frasi di Speranzon, è la linea, possono danneggiare il governo a livello internazionale, tanto più che il senatore ormai viene utilizzato da Meloni per intervenire su alcuni temi di politica interna, a partire dall’ultimo caso in cui si era detto “contrario” allo scudo per gli amministratori e i governatori proposto dalla Lega di Matteo Salvini dopo l’indagine che ha coinvolto Giovanni Toti. Fino a ieri era lo stesso Giovanbattista Fazzolari, responsabile comunicazione del governo, a dettargli le dichiarazioni ma sulla guerra non è stato così: Fazzolari è un fervente filo-atlantista da sempre sostenitore delle posizioni più oltranziste pro-Kiev. La posizione di Speranzon in realtà viene condivisa all’interno di FdI, ma nessuno la può dire per evitare di dissociarsi con l’Unione europea e con l’Alleanza atlantica.
Nella spaccatura dentro Fratelli d’Italia si inserisce, come spesso accade, la Lega di Matteo Salvini: il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, sempre ad Affaritaliani.it, spiega che le “èlite finanziarie lavorano per la guerra” di fatto associandolo al governo ucraino. La linea della Lega è sempre la stessa: no all’utilizzo di armi italiane per attaccare obiettivi di Mosca. E, visto l’equilibrismo della premier, dal Carroccio si fa sapere che se la posizione del governo italiano dovesse cambiare Salvini sarà pronto a chiedere un passaggio in Parlamento.
In questo contesto si inseriscono le parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani che ieri ha specificato che “l’Italia non è in guerra con la Russia” e che le armi italiane “non possono essere utilizzate sul suo territorio”. Una posizione che risente della competizione con il Carroccio e anche dei sondaggi secondo cui la guerra è molto impopolare nell’opinione pubblica italiana.