Di Francesco Oliva
ROMA
I taxi, il piano casa, un tweet per Sinner, poi di corsa in tv. Non si è candidato, ma non si ferma un attimo. Matteo Salvini, vicepremier e ministro dei Trasporti, si gioca tanto sabato e domenica. La sua scommessa più azzardata si chiama Vannacci, “voterò per il generale”, racconta in questa intervista.
Ministro, quanto prenderà la Lega alle Europee?
«L’obiettivo è fare meglio delle politiche del 2022: sono molto fiducioso».
Doppia cifra?
«Ci punto».
Cinque anni fa lei ha preso il 34%, oggi festeggerebbe il 10. Cosa è successo nel frattempo? Tutta colpa del fatto di aver preso parte al governo Draghi?
«La scelta di entrare nel governo Draghi è stata presa per impedire che il governo dell’Italia fosse esclusivamente in mano a Pd e sinistre, in modo tale che il centrodestra potesse avere voce in capitolo su dossier delicati a partire dal Pnrr. Ma la scelta di responsabilità della Lega non ha pagato in termini elettorali. Ce lo aspettavamo».
Tornando indietro lo rifarebbe?
«Abbiamo preferito fare il bene del Paese».
Meloni ieri ha denunciato infiltrazioni nei flussi di migranti. La stupisce?
«Sono a processo per aver contrastato il traffico di esseri umani: dietro agli sbarchi c’è il business della criminalità organizzata e non finirò mai di combatterlo».
Però è stato tagliato fuori da questa partita.
«Contrastare l’immigrazione di massa è una mia priorità: io ho dimostrato che volere e potere e ho grande fiducia nei colleghi di governo».
Lei è sempre in giro. Pentito di non essersi candidato? Manca quasi solo lei.
«No, sono sereno. Esco ora dall’ufficio, mi sono occupato di taxi, di piano casa e di acqua. Non ho tempo per fare tutto. E poi abbiamo ottime liste, anche senza di me».
In molti nel partito si sono lamentati per la presenza di Vannacci. Le ha dato fastidio?
«Si possono esprimere tre preferenze e ognuno può scegliere. È ovvio che un dirigente di partito preferisca scegliere un candidato che conosce da anni e che ha la tessera della Lega in tasca anziché un indipendente».
Lei lo voterà?
«Io voterò per due dirigenti storici della Lega e poi anche per il generale».
In molti dicono che vi abbandonerà appena arrivato a Strasburgo. È così?
«Faremo molta strada insieme, non è un iscritto, ma se volesse entrare nella Lega le porte sono aperte».
Che c’entra Vannacci con la storia della Lega?
«Condivide i nostri principi e le nostre battaglie. In ogni caso, credo che Vannacci saprà conquistare molto consenso in tutta Italia».
Quante preferenze prenderà Vannacci?
«Moltissime. Arriverà sul podio, secondo me terzo».
Dopo Meloni e Tajani?
«Dopo Meloni e Schlein».
Alla convention di marzo Marine Le Pen disse a Meloni, “chiarisci se vuoi votare von der Leyen”. Lo ha chiarito nel frattempo?
«Secondo me sì. Da allora è diventato chiaro che non sarà von der Leyen la presidente. D’altronde è una catastrofe per tutti, anche per il Piemonte».
È sicuro che Meloni non la voterà?
«Non vorrei parlare per Giorgia, ma credo sia chiaro che questa ipotesi non esiste».
In molti pronosticano che lei e Meloni vi dividerete sul nome del prossimo presidente della Commissione?
«È successo già con il M5S nel 2019, spero che la stessa scena non si ripeta».
Avrà conseguenze sul governo, i precedenti, come lei sa bene, ci sono…
«Non succederà. Nessuna conseguenza».
Nemmeno Mario Draghi le andrebbe bene?
«Serve un nome di centrodestra e Draghi non lo è».
Lei vuole un gruppo unico in Europa con Ecr, i Conservatori di Giorgia Meloni?
«Non solo con Ecr, a me piacerebbe allargare anche a forze del Ppe. Seguo l’insegnamento di Silvio Berlusconi: il centrodestra ha il dovere, in Italia come in Europa, di essere coeso per vincere e impedire il ritorno al potere delle sinistre, degli eco-estremisti e di chi, come Macron, ha fatto dichiarazioni irresponsabili».
Tajani ripete che il voto alla Lega rischia di essere irrilevante in Europa. Ha torto?
«Al contrario, sarà determinante per formare una maggioranza di centrodestra in Europa. Certo, se lui e i popolari diranno no a Salvini, Le Pen e Orban, allora è un altro discorso».
È stato un errore chiedere le dimissioni di Mattarella?
«Nessuno ha chiesto le dimissioni, abbiamo solo detto che il 2 Giugno si celebra la festa della Repubblica: noi siamo sempre stati contrari a un ampliamento della sovranità europea a discapito dell’Italia. Noi siamo convinti che serva più Italia e meno Europa».
Borghi ha concordato con lei il post sulle dimissioni?
«No. Ho troppo da fare per stare dietro a tutto. In ogni caso Borghi non ce l’aveva con Mattarella, si faceva un discorso di principio che io condivido».
Ha chiarito con il Quirinale e con Meloni?
«Non ho sentito né il Quirinale né Meloni».
Un pronostico: cosa succederà dopo le Europee?
«Nessun rimpasto, tutto resterà così».
Anche se Forza Italia dovesse superarvi?
«Non succederà e anche se dovessimo andare meglio delle politiche non chiederei un posto in più».
Non sarebbe più onesto dire che non volete l’Italia nell’Unione europea?
«Ma no, la vogliamo cambiare per renderla più efficiente e meno invasiva. Ci piace pensare a un’Europa che non faccia più sventatezze ideologiche come lo stop alla produzione di veicoli benzina e diesel dal 2035, a favore dell’elettrico cinese. O l’obbligo ai proprietari di casa di spendere capitali per migliorare l’efficientamento energetico».
Il salva casa è un condono?
«Ma no. Quale condono? È un provvedimento di puro buonsenso che riguarda la salvaguardia del bene primario della casa. Siamo intervenuti per sistemare e snellire la burocrazia che fino ad oggi impediva ai piccoli proprietari l’esercizio di un proprio diritto: ci sono centinaia di migliaia di immobili bloccati per piccole anomalie, lievi difformità costruttive, a cui era difficilissimo porre rimedio e che di fatto impedivano la semplice compravendita di un locale».
Trovare un taxi è spesso impossibile nelle grandi città. Il ministro dei Trasporti si impegna a dire che quelle file eterne non ci saranno più?
«Ieri c’è stata una riunione al Mit con l’obiettivo di trovare soluzioni strutturali a problemi che si trascinano da decenni. L’obiettivo è offrire ai cittadini un servizio all’altezza. Per questo abbiamo già dato potere ai sindaci per aumentare le licenze».
Ha rinunciato al terzo mandato per i presidenti di Regione?
«È ragionevole consentirlo anche ai sindaci e ai governatori, così come avviene per i parlamentari. Ma purtroppo la Lega è l’unico partito ad essere favorevole. Quindi: non rinuncio ma mancano i numeri».
La politica estera del governo è corretta o servirebbe uno sforzo in più per la pace?
«Il governo sta facendo tutto il possibile e infatti sta parlando di pace con grande chiarezza».
Con questo patto di stabilità i margini di spesa sono pochissimi. Dovrete rinunciare alla vostra battaglia sulle pensioni?
«Continuiamo a insistere: come da programma elettorale, entro fine legislatura vogliamo approvare quota 41».
La separazione delle carriere sarà legge entro la fine della legislatura?
«Sì, ed è una riforma che modernizzerà il Paese insieme all’altro cambiamento epocale e di buonsenso che è l’autonomia regionale. La riforma della giustizia è una battaglia trentennale del centrodestra: andiamo avanti senza indugi».
In Piemonte la partita è chiusa a favore di Alberto Cirio?
«Nessuna elezione è mai decisa prima di votare, specie con l’astensione altissima che si prevede, e quindi bisogna andare a votare. Ma la mia sensazione è che il centrodestra vince di 20 punti. La sinistra non sta giocando la partita, perché la giunta uscente ha fatto bene. D’altronde da quando siamo al governo abbiamo vinto tutte le regionali, tranne quella dove ci siamo messi a litigare, in Sardegna».
Ha mai pensato a un successore alla guida della Lega?
«No. Faremo un congresso entro la fine dell’anno e penso di ricandidarmi, ho ancora molta voglia».
Salvini eterno.
«Questo no! Non sono la regina Elisabetta».