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12 Novembre 2022Sulla sanità il governo di centro destra comincia a scoprire le sue carte. Il ministro Schillaci rivedrebbe il Pnrr per le Case di Comunità. Ma nessuna intenzione politica di ridiscuterne l’ impostazione di fondo. E già questo è un bel problema.
Perché significa che dobbiamo tenerci questo che nulla risolve rispetto alle più importanti criticità del sistema sanitario pubblico, di fronte alle quali il precedente governo, duole dirlo, ha scelto di dare forfait, sottraendosi alle necessarie sfide riformatrici. Anzi, al contrario confermando in tutto e per tutto le scelte neoliberali fin qui fatte dal Pd. Non è stato messo alcun freno alla crescente privatizzazione della sanità pubblica, bensì è stato rafforzato il privato.
Per mettere un freno alla privatizzazione, per rispondere alle criticità del sistema pubblico , quindi per togliere di mezzo le sue magagne più vistose (liste di attesa, medicina generale, ospedali, pronto soccorso, personale, prevenzione primaria ecc) oggi ci vogliono quattro cose: un nuovo Pnrr, un progetto di sanità pubblica (la quarta riforma), risorse ben ponderate per finanziarlo, e una grande capacità politica. Temo che queste condizioni preliminari non esistano.
Intanto non c’è un progetto per rimettere in piedi la sanità pubblica. Il governo Meloni alle prese con il caro tariffe, con l’inflazione, non lo farà. Considerando le complessità in gioco, non basta essere medico nucleare o un rettore universitario per diventare il politico che la situazione richiederebbe. Colpisce la passività, del ministro Schillaci nei confronti delle decisioni finanziarie adottate dal suo governo. Non ha aperto bocca. Muto.
Non lo so se Schillaci si sia reso conto della fregatura, per il suo ministero e per la sanità tutta, della revisione decisa circa le stime della precedente Nadef licenziata da Draghi il 28 settembre scorso.
Però è un fatto che il governo Meloni mentre accresce il disavanzo di bilancio per risolvere il problema tariffe, non cambia le previsioni in valori assoluti della spesa sanitaria per il periodo dal 2022 al 2025 fissando gli stessi valori pari a: 133,998 miliardi di euro per il 2022; 131,724 miliardi per il 2023; 128, 708 miliardi per il 2024 e 129,428 miliardi per il 2025.
Ma siccome nello stesso tempo il governo prevede un diverso andamento del Pil (stime riviste al rialzo per il 2022, dal 3,3 per cento a 3,7 per cento, mentre quella per il 2023 è stata ridotta dallo 0,6 per cento allo 0,3 per cento) e siccome le previsioni per i due anni successivi restano negativamente invariate, all’1,8 per cento e all’1,5 per cento, è come se la spesa sanitaria si riducesse in valori assoluti in rapporto al Pil con un decremento nel 2025 dello 0,1%, (dal 7,1% della “vecchia” Nadef al 7%)
Oggi il ministro Schillaci resta muto mentre 1) le regioni chiedono a gran voce 5 mld in più ma solo per coprire le maggiori spese dovute al rincaro delle tariffe energetiche del Ssn 2) la previsione finanziaria del governo è di dare alla sanità, a regime, 5mld in meno.
Il ministro resta muto mentre è come se con il governo Meloni si tornasse i tagli lineari di Monti, gli stessi che hanno ridotto la sanità allo stremo lasciandola sfracellare contro la catastrofe della pandemia. Ma il mutismo del ministro rivela che il suo ministero in realtà è totalmente dipendente dal Mef che decide le politiche sanitarie nel nostro paese. Di fatto è come avere un ministro finto.
D’accordo, esiste una crisi economica che ereditiamo dalla pandemia, dal rincaro delle materie prime, crisi che la guerra ha acuito. Ma un’altra strada ci sarebbe, a condizione di avere una strategia per ripensare il Pnrr, quindi un progetto in grado di dare in cambio del diritto alla salute, delle contropartite economiche e sociali, quindi offrire cambiamenti, per evitare tagli alle risorse che servono. Certo, ci vorrebbe un ministro della salute all’altezza elle sfide in campo.