Solo pochi anni fa, Giorgia Meloni – allora leader di un partito marginale di estrema destra – chiedeva un blocco navale per impedire “ un’invasione ” di migranti attraverso il Mediterraneo verso l’Europa.

Ora, come primo ministro italiano, sta giocando la sua credibilità su un ambizioso piano di investimenti per l’Africa.

La Meloni ospita un vertice internazionale sull’Africa a Roma il 28 e 29 gennaio alla presenza di 25 leader africani; Sono attesi anche i rappresentanti delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale e dell’UE. Dopo il banchetto domenicale nel palazzo presidenziale, la Meloni illustrerà lunedì al Senato la sua visione per lo sviluppo strategico del continente africano.

“Ora deve offrire soluzioni ai suoi elettori, per i quali l’immigrazione rappresenta una grande preoccupazione”, ha affermato Leo Goretti, esperto di politica estera italiana presso l’Istituto per gli Affari Internazionali (IAI) di Roma.

L’obiettivo dichiarato della Meloni è quello di affrontare le cause dell’emigrazione dall’Africa, come la disoccupazione e la povertà, attraverso investimenti in sviluppo, infrastrutture ed energia. Ma spera anche di persuadere i leader africani a impedire ai migranti di partire e ad accettare di riprendere in carico i richiedenti asilo respinti.

Vista l’ambizione del progetto, la Meloni sta facendo una scommessa importante. Il successo potrebbe fornirle il riconoscimento mainstream che desidera come statista conservatrice internazionale; ma l’Africa è un luogo enorme e complesso, e il frutto della sua strategia, se mai ce ne fosse, potrebbe richiedere anni se non decenni per maturare.

I critici, nel frattempo, affermano che l’accordo sa di neocolonialismo; che l’Italia non ha le risorse o le competenze per portarlo a termine; e che non è al passo con la transizione verde.

Occhi più grandi dello stomaco

Anche se i dettagli del piano Meloni non saranno rivelati fino a lunedì, il suo obiettivo ufficiale è sostenere “il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione nei paesi partner” attraverso investimenti in sei aree: istruzione, cibo, acqua, agricoltura, energia e infrastrutture.

L’idea di aiutare i migranti nella loro patria è “abbastanza coerente” con la narrativa della destra, ha osservato Goretti dello IAI. È stato Matteo Salvini, il vice primo ministro della Meloni, a fare un uso efficace dello slogan “aiutiamoli nella loro casa [terra]” mentre si lanciava su una piattaforma anti-immigrazione.

Meloni spera che il suo piano per l’Africa – oltre a risolvere i suoi problemi di migrazione – possa aiutarla a soddisfare la domanda energetica dell’Italia. Senza energia nucleare, Roma sta tentando di diversificare la sua forte dipendenza dal gas russo, che la rende vulnerabile agli shock politici. Nella visione di Meloni, l’Italia potrebbe diventare un hub energetico nel Mediterraneo meridionale, raccogliendo energia tramite gasdotti dall’Africa e distribuendola in tutta Europa.

Al di là dei guadagni interni, Meloni vede senza dubbio anche un’opportunità per lasciare il segno sulla scena internazionale, soprattutto con l’Italia che ha assunto la presidenza annuale del G7 per il 2024. Con altri paesi occidentali più preoccupati dal Medio Oriente e dalla Cina, l’Italia ora ha un’apertura per svolgere un ruolo guida nella definizione delle relazioni dell’Occidente con il continente africano, ha affermato Goretti. Meloni, dopo tutto, ha indicato l’Africa come tema chiave della presidenza italiana del G7 e del suo impegno a “ripristinare la centralità del Mediterraneo”.

Ma il piano della Meloni contiene molte potenziali insidie, dicono i critici, a cominciare dalla possibilità che i leader africani compreranno ciò che il leader italiano sta vendendo. Con la partecipazione di 13 capi di Stato, sei capi di governo e tre ministri degli Esteri, i partecipanti dovrebbero almeno godersi qualche giorno sotto i riflettori. Ma a lungo termine, mantenere vivo l’interesse dipenderà dal livello di investimento: durante una visita in Mozambico a ottobre, Meloni ha annunciato 3 miliardi di euro provenienti dalla sola Italia, ma il bilancio del Paese per il 2024 alla fine ha stanziato 200 milioni di euro più avari.

Anche alcuni dei suoi ospiti non sono esattamente dei pezzi grossi, come il presidente eritreo Isaias Afewerki e Teodoro Nguema Obiang Mangue, figlio del leader autoritario della Guinea Equatoriale, che è stato sanzionato dal Regno Unito e condannato a una multa di 30 milioni di euro con sospensione della pena. La Francia nel 2017 per riciclaggio di denaro e corruzione.

Lia Quartapelle, vicepresidente della commissione per gli affari esteri del Parlamento italiano e membro del Partito Democratico all’opposizione, ha affermato che la Meloni “dovrebbe essere presa sul serio, poiché l’Africa è di importanza strategica per l’Italia”. Ha messo in dubbio, tuttavia, se l’Italia abbia “la capacità economica e politica” per assumere un ruolo guida.

Lavori pesanti da fare

Affinché il suo piano funzioni e attiri la potenza di fuoco, le competenze e le risorse necessarie, la Meloni ha bisogno del consenso dell’UE. La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, che potrebbe trovarsi ad aver bisogno del sostegno della Meloni dopo le elezioni europee di giugno per assicurarsi un secondo mandato, ha confermato che parteciperà al vertice di Roma. Ma con Francia e Italia che tradizionalmente gareggiano per l’influenza in Africa, la nuova iniziativa della Meloni potrebbe innescare una rivalità nel Sahel che l’Italia non avrebbe le risorse o le competenze per vincere, ha detto Goretti.  

Inoltre, Meloni ha sottolineato la necessità di un approccio che non sia né predatorio né condiscendente, ma che tratti i paesi africani come partner piuttosto che come casi di beneficenza. Ma il deputato dell’opposizione Quartapelle afferma di non vedere un grande allontanamento dalle pratiche del passato in un piano basato su investimenti energetici che metta l’Italia in conflitto con gli obiettivi di carbonio e zero emissioni dell’UE. Da parte sua, la Meloni ha affermato che l’Italia finanzierà il piano dirottando il 70% dei 4 miliardi di euro di fondi per il clima promessi per sostenere la transizione verde dei paesi in via di sviluppo.

Un’altra preoccupazione è che l’avvertimento di Meloni secondo cui l’Europa perde il suo approccio storicamente condiscendente potrebbe tradursi in una minore preoccupazione per i diritti umani, e che la sua visione generale del “si può fare” potrebbe finire per legittimare i regimi autocratici .

L’anno scorso, ad esempio, Meloni ha sostenuto un accordo tra la Commissione europea e la Tunisia, salutandolo come un modello da replicare in tutta l’Africa. Ma l’ accordo con la Tunisia ha creato problemi a causa delle obiezioni all’invio di fondi al leader sempre più autocratico della Tunisia; successivamente gli arrivi dal Paese sono aumentati. Non è l’unica esperienza recente che l’Europa ha avuto di leader autoritari che utilizzano l’immigrazione come leva (ad esempio: Turchia): secondo Goretti, per avere un impatto positivo l’UE non deve solo incontrare i leader di una regione, ma soprattutto impegnarsi con i diritti umani e società civile.

Finora la società civile africana e i gruppi ambientalisti non sembrano convinti. Joab Okanda, consulente senior sul clima di Christian Aid in Africa, ha affermato di sperare che il vertice di Roma possa aiutare “l’Italia e le sue aziende di combustibili fossili sostenute dallo stato a rendersi finalmente conto del danno che stanno causando all’Africa. 

“È tempo che l’Africa si distacchi dalle visioni strategiche degli attori europei dei combustibili fossili, mascherate da progetto di sviluppo africano, e mobiliti l’impegno politico… per mettere l’Africa sulla strada dell’autosufficienza e della prosperità sostenibile”, ha affermato Okanda.

Con una forte maggioranza, la Meloni dovrebbe rimanere al governo per altri tre anni – cosa insolita per la politica italiana – ed è improbabile che venga turbata da una seria opposizione interna al suo piano. L’attuazione, tuttavia, sarà probabilmente un’altra questione: sebbene abbia sfruttato le idee dei ministeri, la supervisione rimane centralizzata presso il suo ufficio piuttosto che presso il ministero degli Esteri. E mentre gli accordi energetici e commerciali sono facili da gestire nel breve termine, lo sviluppo è molto più complicato.

Nel frattempo, anche se il suo piano riscuotesse un certo successo, è improbabile che riduca l’immigrazione nel breve termine, il che significa che gli elettori, che tendono ad avere poca pazienza con le strategie a lungo termine, potrebbero perdere fiducia nell’audace piano africano della Meloni prima che dia i suoi frutti.