La ‘Gabella’ della tavoletta di Sano di Pietro
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1 Luglio 2022“Mettere a terra il Pnrr non sarà facile, è cambiato tutto. Si apra subito un negoziato con Bruxelles”
Roma. Ha messo in difficoltà il bilancio dello stato, ha dato una spinta all’inflazione, ha peggiorato le distorsioni sul mercato del lavoro, ha favorito i ricchi invece dei poveri, ha aperto la strada a sperperi e abusi (sono state bloccate per sospette frodi fatture per 5,6 miliardi di euro secondo le ultime stime). C’è altro o basta così? Per capire fino in fondo gli effetti del Superbonus 110 per cento, in realtà, bisogna introdurre anche una componente culturale. Tito Boeri la chiama “maledizione delle risorse naturali”. Quando ci sono troppe risorse e non si riesce a utilizzarle al meglio, la crescita è più lenta e la qualità dello sviluppo peggiore.
Senza aprire un dibattito teorico, è proprio questo il rischio che sta correndo l’Italia: prima s’è cullata nel sogno del pasto gratis (sospeso il Patto di stabilità, niente più vincoli esterni, si può fare debito e anche quello cattivo alla fine diventa buono), poi con l’arrivo degli assegni staccati dall’Unione europea ha preso corpo “il paradosso dell’abbondanza”. Dare una sterzata non sarà facile, lo vediamo con la battaglia del Superbonus ingaggiata praticamente da tutte le forze politiche nonostante un impedimento oggettivo: i fondi che avrebbero dovuto durare nel tempo sono già esauriti. Ancor più difficile sarà “mettere a terra”, come si suol dire, il Pnrr. Boeri pensa che sia opportuno aprire un negoziato a Bruxelles per rivedere i tempi di esecuzione. E’ cambiato lo scenario (l’inflazione, la guerra, i colli di bottiglia dal lato dell’offerta, il rischio di recessione), ci sono quindi buone ragioni per far sì che i soldi siano spesi bene. E’ una scelta che va fatta adesso, finché c’è Draghi il quale può dare garanzie che le riforme non verranno annacquate né spostate alle calende greche, mentre si prende atto con realismo della nuova situazione.
Nella conversazione con il Foglio, l’economista docente alla Bocconi ed ex presidente dell’Inps, esclude che il Superbonus abbia dato una spinta all’edilizia e che le costruzioni abbiano fatto da traino alla ripresa. E’ una convinzione diffusa, ma “i dati dell’Istat non la giustificano”, spiega Boeri. C’è stato un effetto molla, l’economia compressa dalla pandemia è balzata in alto, “tuttavia è stato un fenomeno uniforme, ha riguardato tutti i settori non solo l’edilizia, dove semmai si è manifestata una seria carenza di manodopera”. Si è parlato di centomila lavoratori mancanti ed è emerso anche un problema di qualità dell’occupazione e di qualità delle imprese, perché vengono sovvenzionate microaziende spesso poco efficienti. Sono stati realizzati a tutto maggio 170 mila interventi pari all’un per cento delle abitazioni familiari e dei condomini. Se è così, appare chiaro quanto modesto sia l’impatto sul pil. Non solo: per coprire l’intero patrimonio edilizio ci vorrebbero ben duemila miliardi. “Era prevedibile che i fondi si esaurissero subito, il solo fatto di aver definito temporaneo il Superbonus ha provocato una valanga di richieste immediate e la domanda ha sopravanzato subito l’offerta”, aggiunge Boeri. Ed è anche prevedibile che un meccanismo del genere diventi un pozzo senza fondo. Meno scontato è l’impatto sociale che s’è trasformato in un vero e proprio boomerang. La maggior parte dei lavori ha riguardato case familiari, villette, vere e proprie ville, persino un castello in Piemonte per il quale è stato speso un milione di euro, secondo i dati raccolti dall’Enea. Le ristrutturazioni per migliorare il patrimonio edilizio e per il risparmio energetico c’erano già da tempo, l’Ecobonus copriva il 60-65 per cento della spesa, una quota già generosa che aveva creato chiare distorsioni distributive: all’un per cento più ricco era andato il 10 per cento dei fondi. Il Superbonus ha esasperato queste contraddizioni. Vedremo se avrà dato un contributo positivo all’ambiente. Oggi i costi sembrano più alti dei benefici. Un vero effetto boomerang al quale hanno contribuito in molti: dalle banche alle imprese, dai proprietari di casa ai mediatori, insomma si è creato un vasto intreccio d’interessi al di là del blocco populista.
E’ quel che Boeri teme avvenga anche a proposito del Pnrr. Le risorse europee hanno dato l’illusione che ci sia tanto grasso da spalmare un po’ ovunque. Invece, “i progetti andrebbero valutati in modo molto più selettivo, in relazione alle vere priorità e alla capacità di realizzarli nei tempi previsti”. Il fattore tempo è per molti versi la vera novità del piano, per ottenere i finanziamenti occorre rispettare il calendario previsto, ma ciò rischia di diventare una missione impossibile. E a questo punto si crea un altro effetto perverso: la spesa straordinaria diventa ordinaria. Boeri fa l’esempio delle università: si sono create vere e proprie cordate, altro che concorrenza. E i tempi stretti hanno indotto a inserire nel piano opere che avrebbero dovuto essere realizzate comunque, con altri fondi. E’ evidente che ciò non riguarda solo le università. Ma se questa inversione di marcia diventa la regola, la funzione del Pnrr viene snaturata e la maledizione delle risorse l’avrà vinta.