Per lui si tratterebbe di una lettera “complessa e confusa”. Ma in realtà il dispositivo è chiarissimo: le attività che ha prestato a pagamento in maniera né marginale né occasionale e di cui ha tenuto all’oscuro tutti, persino il suo ministro, si pongono in aperto contrasto con il principio contenuto nell’articolo 2 comma 1, lettera D, della legge Frattini 215 del 2004 che recita quanto segue: “Il titolare di cariche di governo, nello svolgimento del proprio incarico, non può esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati; in ragione di tali attività il titolare di cariche di governo può percepire unicamente i proventi per le prestazioni svolte prima dell’assunzione della carica; inoltre, non può ricoprire cariche o uffici, o svolgere altre funzioni comunque denominate, né compiere atti di gestione in associazioni o società tra professionisti”. La lettera insomma non lascia scampo all’ormai ex sottosegretario alla Cultura anche perché sulla sua posizione il pressing si era fatto insistente: in previsione che potesse essere questo l’esito più probabile dell’istruttoria condotta dall’Antitrust, il governo per il tramite del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari era già stato messo al lavoro con l’obiettivo di incassare la garanzia del passo indietro da parte di Sgarbi. Che ha infine deciso di onorare l’impegno perché ben consapevole di non avere margini per resistere: le indiscrezioni fatte circolare a ora di pranzo, gli hanno dato la certezza di essere stato scaricato da Palazzo Chigi. Anche se ha parole di miele per Giorgia Meloni, non si sa mai.
“Ringrazio il governo e in particolare la Meloni di non avermi chiesto niente, neanche queste dimissioni, e di avere detto di aspettare l’indicazione dell’Antitrust. L’indicazione è arrivata, si può impugnare, ma è arrivata. A questo punto mi tolgo di scena, ringrazio Meloni e i colleghi di governo, perché non hanno chiesto una anticipazione. Fino a oggi Meloni è sempre stata garantista. In questo momento non le chiedo niente”.
Un po’ meno dolci quelle invece che ha per il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, reo a suo dire, di aver segnalato alcune lettere anonime che sono servite all’Antitrust per aprire l’istruttoria che gli costa la poltrona: “Le lettere anonime si buttano via, gli uomini che hanno dignità non accolgono lettere anonime”. Finale di partita amarissimo, ma poi va scongiurato che gli venga chiesto conto delle sue attività extra anche in altre sedi. Non a caso Sgarbi annuncia che ricorrerà al Tar. Non certo per essere rimesso in sella al ministero, ma perché certifichi che “io non avevo un’altra professione, ne avevo solo una: essere Sgarbi, essere uno storico dell’arte ed è per questo che sono diventato Sottosegretario alla Cultura”. Intanto la maggioranza può tirare un sospiro di sollievo: il passo indietro “spintaneo” dell’ex sottosegretario detona la mozione delle opposizioni sulla revoca del suo incarico che il governo era riuscito a far posticipare al 15 febbraio. Non ce ne sarà bisogno: alla ripresa dei lavori alla Camera, probabilmente già lunedì, verrà dato conto in aula dell’esito dell’istruttoria dell’Antitrust. Che, con Sgarbi ormai dimesso, determinerà la cancellazione della mozione dal calendario.