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Ho ascoltato la registrazione del dibattito che si è svolto tra i quattro candidati presso la Cna. La sensazione che ho ricevuto è stata quella di un dibattito sostanzialmente “inutile”. Mi spiego meglio: superficiale e generico, perché utile solo a fini “elettorali” per lasciare le porte aperte. Della serie: hai visto mai? Si è capito che per quasi tutti gli intervistati la partita non si gioca al primo turno, per cui la situazione impone di essere generici. Si punta al secondo turno, ma da questo modo di fare chi ne esce penalizzato è l’elettorato. Non voglio dare voti a nessuno, né esprimere giudizi che non siano forzati da pregiudizi o da una logica di schieramento. Mi preme solo ricordare che il Polo Civico ha delle regole di ingaggio che vincolano i rapporti tra i sette movimenti che ne fanno parte, e di questi con le altre forze in campo espressione dei partiti. Per questo Pacciani è fuori dalla logica forviante del secondo turno e allo stesso tempo i suoi confini politici sono chiari. Certo, Biotecnopolo, Monte dei Paschi, Multiutility, politiche di bilancio, welfare sono esempi di argomenti che richiederebbero di schierarsi, ma sistematicamente rimangono fuori dalla discussione. Non si possono prendere come meritevoli di considerazione le affermazioni sulla Banca di Castagnini, piaciute solo a Scaramelli, o di Montomoli. Quest’ultimo merita un’attenzione particolare per la vicenda che lo sta interessando. La discussione che le sue dichiarazioni hanno innestato è decisamente strabica. Montomoli è stato chiaro e la chiarezza va sempre premiata, come la coerenza personale che ha dimostrato, ma il problema non è la sua appartenenza alla Massoneria: la questione è tutta di natura politica. Meglio, la critica va rivolta, questo sì, ai partiti che lo hanno scelto come candidato e soprattutto ai dirigenti di Fratelli d’Italia. Questi avevano per volontà anche degli altri due partiti, Forza Italia e Lega, la responsabilità di individuare il candidato dello schieramento di centrodestra. Ora, nulla sarebbe successo se Fratelli d’Italia e Lega non avessero delle norme interne che escludono in maniera tassativa gli appartenenti alla Massoneria tra i propri iscritti. Di Forza Italia non mi è dato sapere. Il problema è tutto qui dentro. Già, ma Montomoli non è iscritto ai due partiti sopra ricordati, vero! Ma li rappresenta come candidato e nell’elettorato ci sono anche iscritti a Fratelli d’Italia e Lega. Iscritti che hanno accettato le regole di iscrizione al partito della Meloni o a quello di Salvini. Sicuramente avranno, questi ultimi, delle difficoltà a fare la campagna elettorale a Siena: un intoppo dovuto agli errori dei rispettivi dirigenti locali, che dopo aver acriticamente sostenuto per cinque anni De Mossi continuano a collezionare errori, perfino sulle regole che essi stessi si sono dati. Per di più dopo essere costretti a non ricandidare l’attuale primo cittadino, ammettendo implicitamente il fallimento dell’esperienza amministrativa di cui hanno fatto parte. Il Pd non ha questi problemi: li ha risolti nel lontano 2010 con il caso di Ezio Gabrielli, quando il presidente dei garanti era Luigi Berlinguer. Lo statuto appena licenziato non contempla nulla a riguardo. Quindi credo sia giusto spostare l’attenzione dall’appartenenza alla Massoneria, al modo con il quale i dirigenti di almeno due partiti su tre hanno scelto il candidato. Battuta finale: forse è solo Montomoli che ha scelto i partiti sbagliati!