In posti decisivi, tra chi decide, eppure terribilmente spaesati: così i membri del governo Meloni appaiono mentre l’Ue trova una sintesi per sbloccare il patto migrazioni e asilo.
Questo giovedì la premier Giorgia Meloni stava facendo le valigie per Malta, dove il giorno seguente pare debba svolgersi un incontro con Ursula von der Leyen ed Emmanuel Macron, nella cornice dell’EuroMed 9. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani si trovava a Berlino con la sua omologa Annalena Baerbock.
Ma dopo che in mattinata la presidenza di turno spagnola e il governo tedesco hanno fatto intendere di aver finalmente sbloccato il fascicolo “crisi” del patto migrazioni, l’Italia si è fatta vedere presa alla sprovvista, e che ha fatto? Ha chiesto tempo. Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno riunito coi suoi omologhi nel Consiglio Ue Giustizia e Affari interni, ha optato per il silenzio. La ministra tedesca invece aveva subito annunciato: «Accettiamo la proposta di compromesso spagnola».
La triade Meloni-Tajani-Piantedosi, due ministri e una premier, capivano come reagire, prendevano tempo, lasciavano intendere che è tutto in bilico per liti sulle ong: il governo è trappola della sua stessa propaganda sulle «interferenze straniere», al punto da tenere in sospeso la sintesi sulle migrazioni, tema pur caro a Meloni.
Il disappunto del governo italiano è tra quelle che la Commissione Ue e la presidenza di turno spagnola hanno liquidato questo giovedì pomeriggio come «sfumature», dando l’accordo per imminente.
IL PACCHETTO E IL PACCO
Di quale accordo parliamo, cosa c’entrano le ong e perché è stato decisivo il comportamento del governo tedesco?
Da tre anni la Commissione Ue ha proposto il patto migrazioni e asilo che, lontano dal riformare Dublino, attrezza l’Ue a frontiere dure e dà come contentino un pugno di ricollocamenti. Su questo patto, i governi a giugno hanno trovato una prima decisiva sintesi, dopodiché sono iniziati i negoziati interistituzionali (i “triloghi”) con un obiettivo: chiudere la partita prima delle europee.
Ma proprio il tema migratorio viene strumentalizzato dalle destre nelle campagne elettorali: il Pis pensa alle elezioni polacche di ottobre; sempre a ottobre, la Germania vota in Assia e Baviera con l’Afd che cresce nei sondaggi e i cristianodemocratici che prestano il fianco alla sua retorica (il leader Cdu Friedrich Merz sta facendo scandalo per le dichiarazioni sul dentista gratis per i rifugiati). In Italia, la Lega prova a guadagnar campo alle europee accusando la Germania di «interferenze straniere» perché finanzia le navi umanitarie.
In questo contesto, i governi si fanno sgambetti tra loro, e li fanno ai negoziati sul patto migrazioni, tanto che l’Europarlamento ha dovuto sfilarsi dai triloghi finché non si fossero decisi a metter la testa (e i negoziati) a posto.
Il fascicolo sulle crisi, che compone il patto, era particolarmente ostico. Come ha detto questo giovedì mattina Fernando Grande-Marlaska, ministro degli Interni spagnolo che ha coordinato il Consiglio Ue, bisognava accordarsi su quello per sbloccare tutto l’iter negoziale e quindi la riforma. Ma la cosa è a doppio taglio: se il pacchetto non passa, salta tutto il pacco; se passa, c’è comunque un pacco, cioè una fregatura, per tutta Europa. Nel fascicolo crisi infatti si sedimentano tutte le svolte peggiori recenti, come quando la Polonia ha fatto respingimenti illegali alla frontiera con la Bielorussia, e la Commissione Ue ha provato a digerirli, giustificandoli come una risposta agli attacchi e interferenze bielorussi.
Il fascicolo crisi erge tutto ciò a sistema: nelle bozze lavorate dai governi si parla di «strumentalizzazioni». Di fronte a queste “crisi” scattano una serie di deroghe, compresa la possibilità di trattenere i migranti alcuni mesi in più nei centri di detenzione, con l’argomento che se la pressione è tanta serve più tempo per valutare le richieste di asilo. Le deroghe destano allarme tra i difensori dei diritti umani.
SCREZI ITALO-TEDESCHI
Il governo tedesco aveva frenato su questo fascicolo anzitutto per le perplessità dei Verdi sulle deroghe; la Germania vuole anzi più tutele per i minori.
Ma sulla spinta delle elezioni locali e dell’ondata destrorsa, Scholz ha dato l’impulso di sbloccare l’accordo; ed è così che questo giovedì mattina la presidenza di turno spagnola si è presentata con un compromesso che la Germania accetta.
Il governo italiano si è mostrato incerto, mentre la versione filtrata ai cronisti è che le resistenze fossero sulle ong: nella bozza spagnola si dice che le operazioni umanitarie compatibili con gli standard europei non possono essere ottemperate tra le «strumentalizzazioni dei migranti». Le destre italiane invece su questo fanno le campagne elettorali.
Sta di fatto che in Ue si dicono convinti che la quadra si troverà, nonostante i «tempi» e le «riflessioni» italiani: gli stati membri chiuderanno il dossier «prima del vertice di Granada» che è il 6 ottobre, dice «fiducioso» il ministro spagnolo. Basterà che ci lavorino ancora un po’ i rappresentanti dei governi (il “Coreper”), è «questione di sfumature», risponde ai giornalisti che la incalzano la commissaria Ue Ylva Johansson, liquidando di fatto come non dirimenti i dubbi italiani.