An Accident in Space
20 Aprile 2024Il maxi-processo alle Ong è finito: «Il fatto non sussiste»
20 Aprile 2024«non erano taxi del mare»
di Lara Sirignano
«Non erano taxi del mare». Non luogo a procedere per gli imputati della nave Iuventa e l’inchiesta sulle Ong. Dopo 7 anni e 3 milioni spesi per le indagini, tutti prosciolti.
Trapani Al gup di Trapani Samuele Corso sono bastati meno di 15 minuti per chiudere una storia lunga sette anni e 50mila ore di intercettazioni telefoniche e ambientali. Quindici minuti per dire che i dieci attivisti delle ong Medici Senza Frontiere, Save the Children e Jugend Rettet, finiti sul banco degli imputati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non sono stati complici dei trafficanti di uomini. E che salvare vite in mare non è un crimine.
Crolla, dunque, il castello di accuse costruito nel corso di una indagine costata circa 3 milioni di euro e usata politicamente come «prova» della collusione tra le organizzazioni umanitarie e chi lucra sui viaggi della speranza. Il reato non c’è, dice il verdetto, che va oltre la richiesta della Procura che, con una clamorosa marcia indietro, a udienza preliminare conclusa, aveva chiesto il proscioglimento di tutti «perché il fatto non costituisce reato». «Le accuse non sono state dimostrate e non erano dimostrabili come noi abbiamo sostenuto, chiedendo più volte l’archiviazione dell’indagine», commenta l’avvocato Alessandro Gamberini, legale di Jugend Rettet.
Ma nonostante i dubbi delle difese, il procedimento, aperto nel 2016 su input di «confidenze» fatte ai servizi segreti dalla security privata della nave noleggiata da Save the Children, è andato avanti.
Per anni i magistrati, che hanno anche sequestrato la nave Iuventa usata dalla ong tedesca per i salvataggi e nel frattempo andata distrutta, sono stati convinti che in almeno tre casi i componenti degli equipaggi delle ong finite sul banco degli imputati avessero avuto contatti con i trafficanti e fossero intervenuti in soccorso dei profughi senza che questi fossero in reale situazione di pericolo. Piuttosto i migranti sarebbero stati trasbordati dalle imbarcazioni libiche alle navi delle organizzazioni umanitarie e gli scafisti sarebbero stati fatti allontanare indisturbati. Una sorta di servizio taxi del mare, insomma, gestito in accordo con gli organizzatori della tratta. «Ci sono gravi indizi di colpevolezza», disse l’allora procuratore aggiunto di Trapani Ambrogio Cartosio che, sette anni più tardi, sarà smentito dai suoi stessi colleghi. Nel frattempo sono state celebrate decine di udienze, alcune delle quali utili a mettere quantomeno in dubbio l’attendibilità dei testimoni chiave dell’accusa, i confidenti degli 007, che, si accerterà in aula, erano stati licenziati dalle forze di polizia per una storia professionale segnata da bugie, frodi, diffamazioni e negligenze.
Ad attendere la sentenza, ieri, lungo le scale del palazzo di giustizia si sono radunate decine di persone: attivisti e cittadini comuni che hanno salutato la fine della vicenda con un lungo applauso. «È un momento importante per tutto il mondo dell’aiuto umanitario, perché si restituisce giustizia alle attività di soccorso e ai tanti operatori impegnati nel salvataggio di vite», ha commentato Raffaela Milano, portavoce di Save the Children. Sulla stessa linea il professore David Brunelli, difensore di uno degli imputati, Matthias Kennes, team leader di Medici Senza Frontiere. «Siamo estremamente soddisfatti, gli ‘angeli del mare’ hanno sempre operato in maniera corretta, dedicandosi con coraggio alla salvezza di vite umane», ha detto l’avvocato. Una soddisfazione condivisa anche da diversi esponenti politici tra i quali la segretaria del Pd Elly Schlein e Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra.