
L’Iguana Di Anna Maria Ortese
22 Giugno 2025
Casa desolata
22 Giugno 2025Attacco all’Iran Intervista allo scrittore e drammaturgo iraniano, autore del romanzo «Enciclopedia dei sogni», edito da Bompiani
È stato un appuntamento al buio organizzato dalla madre e la zia dell’uomo, a far incontrare Ebrahim, trent’anni, con la giovane Elham dopo che il primo è stato lasciato dalla moglie. Malgrado i due costituiscano una coppia non sposata, un tabù nella Repubblica Islamica, viaggiano insieme, dormono in hotel e condividono un’avventura che da Teheran li porterà verso sud, dapprima a Isfahan e quindi sul Golfo Persico. Un viaggio che rappresenta di per sé una scoperta, e durante il quale Ebrahim ed Elham si racconteranno a vicenda, riflettendo implicitamente sulla sorti del loro Paese. In Enciclopedia dei sogni, appena pubblicato da Bompiani (traduzione di Giacomo Longhi, pp. 208, euro 17) lo scrittore iraniano Mohammad Tolouei indaga con grazia e empatia lo stato d’animo dei suoi concittadini e la voglia di libertà e democrazia che emerge fin dalle traiettorie esistenziali. Uno scenario, quello dell’opposizione al regime degli ayatollah, che ora deve misurarsi anche con l’attacco scatenato negli ultimi giorni da Israele.
Al momento del primo attacco israeliano sull’Iran, venerdì, lei si trovava a Madrid in procinto di tornare a Teheran: cosa ha provato e quale è stata la reazione dei suoi cari in Iran?
Ero confuso e disorientato, e quando ho chiamato la mia famiglia e i miei amici in Iran, erano altrettanto confusi. Fino al secondo giorno, tutti pensavano che si trattasse solo di attacchi sporadici che avrebbero causato ritorsioni, ma dal terzo giorno in poi la gente era davvero spaventata, soprattutto a Teheran. La verità è che, per quanto ho potuto vedere, dal terzo giorno in poi, l’opinione pubblica locale chiedeva al governo di reagire agli attacchi israeliani.
Israele ha una nomea talmente negativa che nessun gruppo osa scendere in piazza per sostenere gli attacchi. La gente crede in un cambiamento interno di cui vuole essere l’artefice
L’intento dell’attacco di Israele, oltre alla volontà di fermare il progetto nucleare della Repubblica islamica, sembra essere quello di favorire un «cambio di regime». Le sembra che tale ipotesi abbia una qualche consistenza e che gli oppositori al regime potrebbero approfittare di questa situazione per scalzare gli ayatollah?
Credo che finora questa ipotesi rappresenti più che altro una sorta di continuazione della vicenda descritta nella serie televisiva Teheran. (Una serie israeliana di spionaggio prodotta a partire dal 2020, ndr): assomiglia più ad uno scenario pianificato che a ciò che accade realmente nelle strade. Per quanto ne so, non è questa la realtà. Israele ha una nomea talmente negativa nel Paese che nessun gruppo di opposizione osa scendere in piazza per sostenere questi attacchi. Israele non ha l’autorità morale né la credibilità politica per avviare un movimento sociale in Iran, e i suoi politici non hanno idea di cosa sia il popolo iraniano. Quando il Ministro della Difesa di Tel Aviv afferma che il popolo di Teheran pagherà per l’attacco a Israele, pensa di parlare alla popolazione indifesa di Gaza.
Nell’ultimo decennio, dopo i tentativi di democratizzare il potere da parte dei «riformisti», si è assistito ad una nuova egemonia degli ultraconservatori e a un tragico aumento della repressione, in particolare contro le manifestazioni di protesta che hanno fatto seguito all’assassinio di Mahsa Amini, che hanno visto l’uccisione di 500 persone e contro il movimento «Donna, vita, libertà». Che peso ha oggi l’opposizione e in che settori è presente?
Penso che la cosa più importante che gli occidentali non capiscono dell’Iran sia la stratificazione dell’opposizione sociale. Un’opposizione, che a volte diventa molto profonda e sfocia in proteste di piazza, che è animata dall’amore per la libertà. Una libertà che, a sua volta, contiene vari sintomi e richieste che cambiano nel corso del tempo. Tra l’altro, credo sia dimostrato che se le persone desiderano qualcosa profondamente, prima o poi la otterranno. Il governo ha represso gli elementi che riteneva coinvolti nel «movimento Mahsa», ma nella pratica e nelle strade, la libertà dell’hijab si è affermata. Questa libertà non è «legale», ma ha preso piede in modo consuetudinario. Oggi, l’opposizione iraniana non è costituita da forze esterne al Paese: la diaspora esprime le proprie opinioni, ma in realtà non ha ruolo in ciò che sta accadendo in Iran. La classe media urbana rappresenta attualmente la più grande forza di opposizione al potere.
In «Enciclopedia dei sogni» lei racconta il modo in cui una coppia non ancora sposata riesce ad aggirare le limitazioni poste dal regime alla vita affettiva: non potendo essere liberi nello spazio pubblico molti iraniani hanno costruito una propria modalità per vivere nonostante tutto i propri sentimenti senza incorrere nel controllo o la repressione del regime? Un «mondo parallelo», ma concreto?
La classe media urbana dell’Iran è istruita, ha un ampio accesso a Internet e si considera simile a chiunque altro nel mondo occidentale, come lo è oggi, e desidera avere un proprio stile di vita unico e individuale. Negli anni successivi alla Rivoluzione, le persone volevano vivere la propria vita liberamente. Ora, la cosa più importante da sottolineare è che esiste un divario tra la vita reale e quella approvata dalle autorità. A volte il divario è ampio, a volte piccolo, ma questo divario è sempre esistito. L’errore più grande che il governo iraniano ha commesso è quello di voler imporre un unico stile di vita a tutti. Vuole far vivere le persone come vuole. Questo induce le persone a nascondere il proprio stile di vita o a manifestarsi in un modo nella società e in un altro nella vita privata, nelle loro case e nei loro spazi personali. Questo divario è sempre esistito, ma a volte si è aggravato. Il movimento «Donne, Vita, Libertà» ha fatto emergere quanto questo divario si sia accentuato. Anche se penso che le persone trovino sempre un modo per cercare di vivere come desiderano.
Nel suo romanzo emerge come sia il ceto medio a soffrire di più per le limitazioni alla libertà personale e ai propri sentimenti. La repressione è troppo forte perché questa sofferenza si tramuti in un’opposizione politica aperta? E come descriverebbe le basi sociali del regime?
La libertà non è qualcosa a cui il popolo iraniano rinuncerà. Il governo ha creato un gruppo di sostenitori, coloro che lo sosterranno fino alla fine, emarginando gli altri. Di fatto, qualsiasi governo autoritario sceglie una parte della società come propria base sociale e le conferisce poteri e agevolazioni extralegali. In Iran, questa minoranza obbediente esiste ed è molto fedele, viste le agevolazioni che riceve. Non credo che ci sia stata una crisi in questo ambito, ma il numero di persone che credevano nel governo è diminuito, e questo non si limita a un anno o agli ultimi anni. Nel corso degli anni, dal movimento studentesco di 25 anni fa, passando per il Movimento Verde, dopo l’attacco al volo 752, e fino al movimento «Donna, Vita, Libertà», ognuna di queste vicende ha allontanato dal sistema una parte dei suoi sostenitori. La realtà è che la classe media urbana si è trasformata progressivamente da sostenitrice della Repubblica Islamica a sua oppositrice. E si tratta della classe sociale più numerosa in Iran, quella che decide come vuole vivere. Il regime ha una solida base tra le classi alte e basse, ma ha completamente perso la classe media urbana. E quest’ultima desidera la vita più di ogni altra cosa. Vuole vivere, e diventerà certamente nemica di Israele per le condizioni che ha creato ora e che attentano a questo desiderio di vita.
Da sostenitrice della Repubblica Islamica, la classe media urbana è divenuta sua oppositrice. Ed è il settore più numeroso del Paese
La protagonista del romanzo, Elham, è tormenta dai sogni in cui le appare la sorella gemella morta a pochi mesi dalla nascita: una metafora di ciò che l’Iran è divenuto dopo il 1979, quando la rivoluzione che ha deposto lo Scià si è trasformata in una teocrazia invece che nella Repubblica democratica per la quale in tanti si erano battuti?
Ritengo che questo sia il concetto più importante che ho voluto esprimere nel romanzo. L’Iran è una realtà davvero stratificata, nella sua dimensione conscia come nel suo inconscio, è qualcosa di molto fluido e le sue esigenze cambiano rapidamente. Gli analisti occidentali vogliono trovare un quadro di riferimento per comprendere l’Iran, ma credo siano sempre indietro rispetto alla società iraniana. Ora tutti parlano del movimento «Donna, Vita, Libertà», ma nella società iraniana le persone hanno acquisito quei temi nella pratica. Il volto dell’Iran è cambiato davvero dopo questo movimento. Ora le persone cercano altre cose (cose che compongono le loro vite), ma vengono ancora analizzate in base alle stesse esigenze. In ognuno dei sogni della protagonista del romanzo ho cercato di descrivere le tendenze sociali emerse in un decennio in Iran. Nonostante vi sia una continuità in tali tendenze, sembra che le vite delle persone si svolgano su pianeti diversi. La gente ha combattuto per idee che gli erano state rubate sotto gli occhi durante il regime dello Scià, e questa rabbia si è manifestata in forme diverse in epoche diverse. Ciascuno dei sogni sembra rappresentare il destino collettivo degli iraniani in diversi decenni, una sorta di sociologia collettiva, diario pubblico o etnografia dei desideri collettivi.
La morte di Mahsa ha suscitato un’onda di sdegno internazionale, anche se si ha l’impressione che i movimenti di protesta non godano in Occidente dell’appoggio di cui avrebbero bisogno: come aiutare chi si batte per la libertà nel suo Paese?
Non credo che il popolo iraniano abbia alcuna speranza di ottenere il sostegno dell’Occidente. Si sente come se fosse sempre stato lasciato da solo ad un bivio della Storia e che l’Occidente abbia solo approfittato di lui. Per quanto ne so, la gente crede in un cambiamento interno e vuole esserne essa stessa l’artefice.