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1 Dicembre 2022Il maxi esodo previsto dal piano industriale: flessibilità e costi ridotti per rendere la banca appetibile
Aldo Tani
siena Il vuoto, dentro gli uffici, sembra ancora più grande. Mps, al di là delle chiusure delle filiali previste, per il momento ha deciso di non modificare il proprio assetto immobiliare, nonostante da oggi abbia a regime «solo» 17 mila dipendenti. Appena ieri erano oltre 21 mila, prima che il maxi-esodo facesse venire meno circa il 20% della forza lavoro. Misura estrema per dare un’altra (e per molti analisti ultima) chance all’istituto di credito senese.
Adesso più flessibile e pronto a quel contenimento dei costi che l’Europa reclama. E probabilmente anche più appetibile per il mercato. «Con oggi (ieri, ndr ) si conclude il percorso lavorativo di 4.125 colleghi che hanno reso grande la storia di Banca Mps e che negli ultimi 12 anni hanno collaborato e lavorato per cercare di far uscire la banca dalla crisi in cui era entrata», ha sottolineato Alessia Silvestri, neo-segretaria responsabile della Sas di Complesso Mps First Cisl.
L’ad Luigi Lovaglio per dare seguito al piano industriale, che ha nel maxi-esodo e nella ricapitalizzazione da 2,5 miliardi (già effettuata) un crocevia fondamentale, ha acconsentito a tutte le richieste di uscita. Anche a costo di far lievitare la portata economica dell’operazione. I prepensionamenti da piano erano 4.200: 3.500 da eseguire entro il 30 novembre. Il Fondo di solidarietà, finanziato dalla banca con 800 milioni, avrebbe coperto il tutto. Il progetto, dopo l’accordo con i sindacati, è stato modificato in corsa. I costi, assorbiti all’interno dell’aumento di capitale, hanno sfiorato il miliardo, consentendo di andarsene con un anticipo fino a 7 anni. Parallelamente, sono variati anche i risparmi per il personale, visibili dal 2023: prima stimati in 270 milioni all’anno, adesso poco superiori ai 300 milioni.
La macchina montepaschina sarà quindi costretta a a viaggiare con un altro assetto. La strutture centrali, comprese le varie sedi della direzione generale, adesso hanno 2 mila dipendenti in meno. Altrettanti vengono a mancare dalla rete commerciale, uno dei punti di forza della banca e che oggi conta poco più di 11 mila persone. Gli esodi si vanno sentire anche in Toscana, dove le uscite sono state un migliaio. Siena vanta ora circa 350 unità in meno. Questi numeri hanno reso necessaria una riorganizzazione obbligatoria, già avviata da alcune settimane.
Un’operazione che secondo i sindacati però non sta procedendo nel migliore dei modi. «La banca ha attivato colloqui, trasferimenti e riqualificazioni per il personale interessato. Nonostante ciò, la manovra ha evidenziato l’assenza di una programmazione formativa esigibile (cui hanno diritto coloro che accedono ai nuovi ruoli), una conduzione non ottimale dei colloqui gestionali, ed una limitata capacità di ascolto e di comprensione delle esigenze dei colleghi», hanno evidenziato le sigle sindacali a titolo unitario qualche giorno fa. «Con l’uscita di una significativa componente di forza lavoro, c’è bisogno che i vertici prendano coscienza della nuova situazione — ha affermato Federico Di Marcello della Fisac Cgil —. Chi è rimasto deve essere messo nelle migliori condizioni di poter operare. Solo in questo modo ci potranno essere i benefici sperati, al di là del risparmio sul personale». Per evitare contraccolpi, i sindacati hanno chiesto che sia aperto di nuovo un canale di dialogo: «È opportuno il ripristino delle condizioni per lo svolgimento di incontri urgenti in tutte le Direzioni Territoriali e nelle strutture centrali. Urge altresì uniformare e monitorare la formazione erogata o da erogare per tutti i cambi di ruolo, in modo da definire gli eventuali correttivi».
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