La vita impresentabile. Femminismo e corpo teatro. Un dialogo
15 Maggio 2024Présidentielle au Tchad : le Conseil constitutionnel valide la victoire de Mahamat Idriss Déby Itno
17 Maggio 20241931-2024 Figlia della provincia rurale, maestra nel descrivere il «mondo minimo», ricevette il Premio Nobel nel 2013
Addio alla scrittrice canadese. Talento e tecnica nelle sue storie reali come la vita
di Cristina Taglietti
Tutta la profondità dei rapporti umani sedimentati nelle pieghe del quotidiano è passata nella cruna sottile della scrittura di Alice Munro. Quel mondo minimo, raccontato con una delicatezza disillusa ma mai cinica, è stato il terreno della caccia letteraria della scrittrice, morta lunedì a 92 anni, regina di un genere, il racconto, poco frequentato e poco promosso da quella stessa editoria che le ha appiccicato la facile etichetta di Cechov (altre volte di Maupassant) canadese.
Come quegli illustri predecessori Alice Munro ha saputo trovare la misura aurea del racconto, ma lo ha fatto in un modo originale, che, come succede a tutti i grandi scrittori, assorbe le lezioni dei maestri per attivare una personale visione del mondo e della scrittura.
Nata a Wingham, in Ontario, il 10 luglio 1931, da una famiglia di allevatori di volpi e pollame di vecchia immigrazione scozzese, da tempo era ricoverata in una casa di cura, ma già nel 2013 aveva annunciato che non avrebbe più scritto nulla. Le cittadine dello stato canadese in cui era nata non sono state soltanto lo scenario dei suoi libri, ma «il materiale» di cui erano fatti: i paesaggi, le atmosfere, la luce di quel piccolo mondo rurale valgono nella scrittura quanto la vita, spesso grama e dimessa dei suoi protagonisti. Più spesso delle sue protagoniste, poste di fronte alle continue prove della vita. Personaggi complessi risolti in modo semplice, nello spazio di poche pagine, abitano case e villaggi canadesi con cui l’autrice aveva familiarità. Era cresciuta in una piccola fattoria in una zona mal abitata, dove la vita sociale era ridotta a nulla. Dai dodici anni aveva dovuto accudire la madre precocemente ammalata di Parkinson e il padre, con cui aveva un rapporto di luci e ombre, la prendeva a cinghiate se le incombenze domestiche non venivano assolte, come svela nei racconti finali di Cara vita, da lei stessa presentati come pezzi autobiografici.
Nell’unico romanzo pubblicato, La vita delle ragazze e delle donne, scritto nel 1971 e uscito in Italia da Einaudi nel 2018, la dimensione autobiografica emerge in mondo chiaro nella storia della protagonista, Del Jordan, figlia di un allevatore di volpi dell’Ontario, cresciuta in un ambiente selvatico che con il passare del tempo conosce modelli femminili diversi, un mondo di possibilità completamente nuove fino a quando scopre la scrittura.
Accanto ad autrici come Margaret Laurence, Margaret Atwood, Mavis Gallant, Anne Michaels, Alice Munro ha contribuito ad aprire le frontiere alla letteratura canadese, soprattutto femminile. Lei stessa spiegherà: «Avevo la sensazione che solo le donne riuscissero a scrivere di cose marginali, strane, anomale… Sono arrivata alla conclusione che era quello il nostro territorio, mentre il grande romanzo sulla vita reale era territorio degli autori di sesso maschile. Sapevo che c’era qualcosa, qualche modo di vedere il mondo, proprio dei grandi autori, da cui ero tagliata fuori, ma non capivo bene cosa fosse».
Paesaggi
Le cittadine dell’Ontario non sono solo lo scenario dei suoi libri, ma il materiale di cui sono fatti
Una felice combinazione di tecnica e talento ha illuminato il suo stile, spesso attraversato da un umorismo sottile e animato da piccoli colpi di scena, rovesciamenti di prospettive, snodi imprevedibili, in una inimitabile capacità di raccontare l’universale attraverso il particolare. Non c’è realismo magico nei suoi racconti, piuttosto un naturalismo asciutto, frutto di una precisa osservazione oltre che della consuetudine personale, sempre splendidamente reso da una scrittura di grande raffinatezza linguistica. «La verità della sua narrativa è così inattaccabile che a volte mi sembra di vivere in una storia di Alice Munro» ha scritto la figlia Sheila nel suo libro di memorie Lives of Mothers & Daughters. Growing Up with Alice Munro, biografia amorevole della madre che, per certi versi, è anche la sua. È stata lei, nel 2013, a ricevere all’Accademia di Stoccolma, dalle mani di re Gustavo, il Nobel, quando la madre aveva già iniziato il lento ritiro dalla scena letteraria evitando ogni apparizione pubblica.
Munro aveva iniziato a scrivere quando aveva 14 anni pubblicando il suo primo racconto, The Dimensions of a Shadow, nel 1950, mentre era studentessa alla University of Western Ontario. Nella sua carriera ha pubblicato quattordici raccolte di racconti, a cominciare da Danza delle ombre felici, pubblicata in Italia dalla Tartaruga nel 1994 e poi da Einaudi che ha pubblicato anche gli altri suoi libri, mentre nel 2009 una selezione della sua opera è uscita nei Meridiani Mondadori con l’introduzione e la cura di Marisa Caramella.
Quel primo volume già rivelava la maestria dell’autrice e la nascita di un universo poetico a cui resterà sempre fedele. Basti pensare a figure come la donna che accudisce la madre desiderando di essere altrove, o a scene come il party musicale nella casa dell’anziana maestra di piano che culmina nel finale in cui appaiono e suonano i bambini con sindrome di Down. Con questo libro Munro riceve il massimo premio canadese, il Governor General’s Award, che poi le verrà assegnato altre due volte. Negli anni sono seguite raccolte come Nemico, amico, amante… che contiene, tra gli altri, L’orso attraversò la montagna, storia di una coppia di anziani, ancora legata da un’intimità fatta di tenerezza e umorismo, alle prese con l’insorgere dell’Alzheimer, da cui è stato tratto il film Lontano da lei, diretto da Sarah Polley. Una storia struggente ma non lacrimevole, che evoca il destino che poi toccherà alla scrittrice, da un decennio ammalata di demenza senile.
E poi In fuga (otto racconti, di cui tre legate tra loro in una storia da cui Pedro Almodóvar nel 2016 ha tratto il suo film Julieta, spostando l’ambientazione dal Canada alla Spagna ), La vista da Castle Rock (in cui ricostruisce, attraverso memorie famigliari, documenti, viaggi in Scozia, la storia della sua famiglia), Lasciarsi andare, Troppa felicità, Uscirne vivi. «Storie inventate dal vero» le definisce Caramella.
Modello
Pioniera della letteratura contemporanea, ha raggiunto la profondità dei grandi romanzieri
Nel 2009, assegnandole il Booker Prize per l’intera opera la giuria del premio letterario britannico ha notato nelle motivazioni che «in ogni storia Munro giunge a una profondità, una sapienza e una precisione uguali a quelle dei maggiori romanzieri nelle opere di un’intera vita». In questo senso è stata una pioniera per la letteratura contemporanea ed è bello pensare che, prima della scomparsa le è stato riconosciuto.