I precedenti
Antonio E. Piedimonte
Il giorno in cui la premier accorre alle porte della città per l’ennesima emergenza minori, Napoli si ritrova a piangere la perdita di una giovane vita, ennesima vittima della furia bestiale dei branchi. Si chiamava Giovanbattista Cutolo, aveva 24 anni ed era un musicista dell’Orchestra Scarlatti – suonava il corno inglese e il piano –, con una splendida carriera appena avviata. E tutta una vita da vivere insieme alla sua fidanzata, che ieri notte l’ha visto morire davanti ai suoi occhi su un marciapiede di piazza Municipio, nel cuore della città. Senza poter far niente per salvarlo, senza riuscire a dirgli addio. Ha chiamato la polizia ma era troppo tardi. I sogni di entrambi si sono spezzati per sempre in una pozza di sangue a pochi passi dal Comune, dalla Stazione Marittima, dai negozi di souvenir e dal quel teatro Mercadante che come ogni artista anche lui portava nel cuore.
Una serata di spensieratezza (un panino con gli amici) si è fatta incubo quando è finito dentro una di quelle che nel gergo di strada vengono chiamate “tarantelle”, ovvero futili quanto animate discussioni che spesso degenerano, alterchi che nascono da banalità (uno sguardo, una parola), battibecchi che nel migliore dei casi si esauriscono con manate e spintoni e nel peggiore, invece, sono diatribe scatenate di proposito per offrire un pretesto ai baby teppisti. L’altra notte la discussione sarebbe sorta intorno uno scooter parcheggiato male, una sciocchezza, solo che i balordi vogliono chiudere la serata a modo loro e la situazione precipita. Poi il capobranco, un ragazzotto che era rimasto in disparte a godersi la scena, prende la pistola dalla cintola dei bermuda e spara tre colpi da distanza ravvicinata. Alle spalle. Per uccidere.
Grazie all’incrocio tra le testimonianze e le immagini registrate dalla videosorveglianza le indagini sono fulminee e già in tarda mattinata gli agenti svegliano un sedicenne dei Quartieri Spagnoli. L’adolescente – già noto sia per un tentato omicidio sia perché vicino alle bande dei cosiddetti “rapina-rolex” – è stato sentito dagli investigatori e dal pm della Procura minorile finché, in serata, ha ammesso le proprie responsabilità ed è stato posto in stato di fermo. Magra soddisfazione per i familiari e i tanti amici. Giovanbattista era amato da tutti e adorato dai genitori: «I 24 anni più belli della mia vita. A presto Giò», ha scritto il padre, Franco, regista teatrale. Meno contenuta la reazione della mamma, Rosaria Troncone: «Giogiò creava poesia e la poesia poco c’entra con la merda. Da oggi odio questa città. Questo mondo e questa terra ancora di più e senza possibilità di recupero. Voglio, chiedo e pretendo certezza assoluta della pena».
La città è sotto choc, i social grondano di messaggi di dolore e di rabbia. Sconvolta anche Beatrice Venezi, direttrice della Nuova Orchestra Scarlatti, che dopo aver ricordato il 24enne come «un ragazzo sempre sorridente, educato e rispettoso nei confronti di tutti, con lo sguardo limpido e sincero, appassionato del fare parte di una comunità come quella della Scarlatti», ha poi aggiunto: «Non posso credere né tantomeno accettare che la nostra società precipiti ogni giorno sempre più nel degrado e nella barbarie… Cosa siamo diventati? Animali? No, questa è retorica; gli animali non uccidono per crudeltà, ma solo per necessità. Siamo feccia. Siamo l’ombra di noi stessi, zombie che vivono solo nella notte dell’umanità». Uno dei suoi maestri al Conservatorio ha ricordato che Giò, pur richiesto da diverse orchestre italiane e straniere, aveva scelto di restare a Napoli e che «la città che amava lo ha ammazzato».
Rischia l’amputazione di una gamba, invece, il quindicenne che sempre nella giornata di ieri è stato accoltellato in un’altra zona della città, per una lite scatenata, in questo caso, dal Fantacalcio. E anche in questo caso l’aggressore è un minore. Come nell’Ottocento, la capitale della criminalità minorile continua farsi male.