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13 Luglio 2024Nel 1974 veniva pubblicato Una tomba per Edipo, il primo libro italiano di Félix Guattari, curato da Luisa Muraro per Bertani Editore, mentre oggi, a cinquanta anni di distanza, un altro editore veronese, pubblica Il capitale mondiale integrato (ombre corte, pp. 128, euro 12). Al di là della curiosità geografica e temporale, questa pubblicazione segnala il rinnovato interesse per le anticipatrici analisi del pensatore francese. A iniziare proprio da quella (1980) sul capitalismo mondiale integrato, capitalismo che «tende sempre più a decentrare i suoi centri di potere dalle strutture di produzione di beni e di servizi alle strutture produttrici di segni, di sintassi e di soggettività, in particolar modo attraverso il controllo che esercita sui media, la pubblicità, i sondaggi» e lo raggruppa in quattro grandi regimi semiotici: economico, giuridico, tecnico-scientifico e di soggettivazione.
Franco Berardi Bifo, che presenta il libro in maniera acuta, scrive che «quando Guattari dice che il capitale è un operatore semiotico vuol dire dunque che la pervasività del modello capitalistico non dipende più soltanto da un effetto di surcodifica astratta che si manifesta soprattutto nel momento di scambio, ma dipende dalla integrazione tecnologicamente mediata dei diversi momenti della lavorazione: momenti progettuali, tecnico-scientifici, informativi, materiali, e così via».
GUATTARI SOSTENEVA, nove anni prima del crollo sovietico o meglio di quello che fu un semplice cambio di pelle, che il nuovo capitalismo non si sostituiva completamente al vecchio, ma che ci fosse piuttosto una «coesistenza, stratificazione e gerarchizzazione dei capitalismi di differenti livelli, che mettono in gioco: i Capitalismi segmentari tradizionali, territorializzati sugli Stati-Nazioni»; con «un Capitalismo mondiale integrato, che non si appoggia più unicamente sul modello di semiotizzazione monetaria e finanziaria del Capitale, ma più fondamentalmente su tutto un insieme di procedimenti di regolazione tecnico-scientifica, macro e microsociali, massmediatici ecc».
Oltre a Il capitale mondiale integrato, i libri più significativi del laboratorio guattariano per definire la trasformazione del capitalismo sono Le verità nomadi. Per nuovi spazi di libertà (1985, scritto con Antonio Negri), Le tre ecologie (1989) e Caosmosi (1992). Il capitalismo mondiale integrato era l’alternativa al discorso sull’imperialismo che faceva la sinistra di allora. L’analisi dell’impero capitalista contrapposto all’imperialismo, di Negri e Hardt (2000), nascerà anche da questa suggestione. «Félix è quello che trova i diamanti, io quello che li taglia», così Gilles Deleuze descriveva la collaborazione che aveva prodotto AntiEdipo e Mille piani. Le loro modalità di lavoro prevedevano l’innesco del flusso concettuale guattariano su cui poi Deleuze operava riarticolazioni e messe in prospettiva. Purtroppo il contributo di Guattari a quell’impresa filosofica è stato misconosciuto in alcuni ambienti accademici, infatti i libri firmati con i due nomi sono stati considerati opera di Deleuze. L’apporto di Guattari veniva limitato alle più dirette problematiche politiche. Niente di più sbagliato, la lettura di questo agile e fondamentale volumetto ce lo conferma.
GUATTARI CONTINUERÀ queste analisi e proposte in Le tre ecologie, un’operazione radicale, una cesura anche con innovative teorie ecologiche (Paccino, Bookchin, Fallot, Debord), uno spostamento di visuale, più complesso e completo, in cui la tripartizione tra ecologia ambientale, sociale e mentale oggi si capisce perfettamente. L’ecologia mentale non è solo cura psichica ma analisi collettiva condotta attraverso la lotta che produce soggettivazione contraria a quella imposta dal capitale; è produzione di soggettività adeguata all’orizzonte attuale.
Oltre all’analisi del funzionamento del nuovo capitalismo, il libro contiene una parte propositiva dedicata alla «rivoluzione molecolare». In Effetto Foucault (atti di un convegno milanese del 1985), Guattari scrive: «Per Foucault le relazioni di potere e, di conseguenza, le strategie di lotta non sono riducibili a semplici rapporti di forza oggettivi; esse investono i processi di soggettivazione in ciò che essi hanno di più essenziale, e si troverà sempre in esse la relatività del volere e l’intransitività della libertà». La soggettività è un campo di battaglia. Guattari sosteneva che bisogna farla biforcare dalla sua forma attuale che ha imposto passività, microfascismi, razzismo e sessismo.
BISOGNA risingolarizzarla, esprimendo il suo divenire attraverso alleanze multiple. «La rivoluzione molecolare si farà recuperare se non si fonderà con la lotta di classe. Quest’ultima scivolerà nel dogmatismo se non si farà contaminare dalla rivoluzione molecolare». L’alleanza tra i movimenti di liberazione e quelli della lotta di classe – pur ridefinita secondo le mutazioni del capitalismo – è necessaria. Una convergenza purtroppo – e nonostante le pur corrette prospettive intersezionaliste – non ancora riuscita.