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Elisa: la carta d’identità non è la vita vera
M.N.M.
PADOVA Elisa Barbugian, 38 anni, è un’infermiera della Pediatria all’ospedale di Padova ed è unita civilmente a Sara Quinto, 36, che si occupa di web marketing in un’azienda. Sono entrambe di Conselve, in provincia di Padova e ieri proprio durante la loro udienza il sostituto Maria D’Arpa ha annunciato il cambio di rotta della Procura.
Elisa, Sara, come è andata?
«Siamo un po’ basite, ancora una volta in questi ultimi mesi, ma almeno è arrivato un segnale positivo. Diciamo che adesso non è più tutto nero, siamo passati al grigio. Siamo contente».
Siete state convocate perché?
«Abbiamo quattro figli, avuti con la fecondazione assistita eterologa in una clinica in Danimarca. Siamo qui per Cesare, il secondo di quattro anni e mezzo, perché Carlo, il primogenito di 7, non è stato registrato all’anagrafe. Li ho entrambi partoriti io — risponde Elisa —. Poi ci sono le gemelle di 40 giorni, Clelia e Caterina, nate da Sara e anche i loro certificati di nascita sono già stati impugnati, anche se non abbiamo ancora ricevuto la raccomandata dalla Procura». «Ognuna di noi rischia di diventare un genitore fantasma per metà dei nostri bambini, la famiglia si dividerà legalmente», completano entrambe.
Con quali conseguenze?
«Gli assegni familiari, maggiori per i nuclei con più di due figli, si ridimensioneranno, ciascuna di noi dovrà delegare o autorizzare l’altra a portare i figli non biologici a scuola, dal medico, ovunque. I piccoli ora portano il doppio cognome, ma potrebbero doverne cancellare uno e quindi chiamarsi diversamente pur essendo fratelli». «E poi — aggiunge Elisa — in caso di bisogno non potrò prendere aspettativa per accudire le gemelle. Per me, che lavoro nel pubblico, è più facile».
Avete detto qualcosa ai bimbi?
«A Carlo e Cesare abbiamo spiegato che affettivamente non cambierà niente ma il grande ci ha risposto: non voglio che mi portino via una mamma. I parenti, gli amici, le maestre dei bambini sono arrabbiati, ripetono che non è possibile, è assurdo. Siamo qui a perdere tutti tempo, quello che è scritto sulla carta di identità non è la vita vera».
L’avvocato Giarratano ha detto che probabilmente la pressione mediatica ha avuto il suo peso.
«Per noi non è facile scendere in piazza, stare davanti alle telecamere, ai fotografi, parlare con i giornalisti, ma se serve continueremo a farlo finché la battaglia non sarà vinta».
Vi sorprende tanta solidarietà, anche da parte di estranei?
«No, ormai le coppie omogenitoriali sono sdoganate — risponde Elisa — in Pediatria a Padova nascono molti bimbi concepiti con la fecondazione eterologa all’estero. Sei negli ultimi quattro mesi. Ai corsi pre-parto si parla di genitori, non di madre e padre, e quando ho partorito Carlo in reparto c’era già il braccialetto con la scritta genitore e non papà. Però temevo il giudizio altrui. Ci siamo fatte più problemi di quelli in realtà affrontati».
Le famiglie hanno accettato la vostra unione?
«Sì, forse all’inizio c’è stata un po’ di sorpresa perché entrambe prima di innamorarci avevamo avuto fidanzati maschi. Ci siamo sorprese noi stesse. Ma ci conosciamo da quando avevamo 16 anni, giocavamo a calcio femminile insieme e quando, nel 2009, abbiamo deciso di metterci insieme, è stato tutto molto naturale».
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