Assaf Gavron prova a sfuggire alla domanda su cosa possa riservare il futuro a Israele dopo gli ultimi drammatici giorni. «Non ho la palla di vetro», dice con una punta di irritazione. Poi lo scrittore israeliano – noto per le sue idee progressiste e per la sua opposizione al governo Netanyahu – si ferma e si corregge: «Non ho certezze, ma ho una speranza: che quello che sta accadendo sia un punto di svolta, che faccia capire a un numero più alto di persone in questo Paese che così non si può andare avanti. Che è stata la politica verso i palestinesi basata solo sull’umiliazione a portarci a tutto questo».
Ma non crede che le immagini degli ostaggi israeliani, dei corpi profanati, dei cadaveri riversi nelle strade possano portare esattamente nella direzione opposta? È guerra…
«Io sto parlando di ciò che può maturare nella mente delle persone. Lo so che quello che sta accadendo ha aumentato l’odio e il razzismo. Però confido che in molti di noi tutta questa violenza possa accendere il desiderio di capire che cosa ci ha condotti a questo punto».
La razionalità è difficile da
salvare in situazioni sconvolgenti…
«Purtroppo la nostra storia è piena di continui eventi “mai avvenuti prima”. So che le implicazioni di questo attacco saranno molto serie. Ma credo che poi ne tireremo fuori anche alcune conclusioni politiche».
Intende verso il governo del premier Netanyahu?
«Alla fine questo governo non potrà sopravvivere. Il capo dell’Esercito non potrà sopravvivere. I vertici del potere politico e militare del Paese dovranno pagare per questo fiasco. Ma c’è da fare anche un ragionamento più ampio».
E cioè?
«Quella con i palestinesi è una lotta secolare. Dovremmo aver capito che non si risolve con la forza. E invece ci siamo intestarditi a pretendere che accettino quello che decidiamo noi. E ultimamente questa linea si è accentuata in modo violento. L’attuale governo ha picchiato ancora più duro sui palestinesi, ha incoraggiato la moltiplicazione degli insediamenti. Come potevano pensare che prima o poi non avremmo pagato un prezzo?».
In questo momento Israele è concentrata sulla difesa…
«Sì lo so, in questo momentosiamo vittime. E quello che sta accadendo farà aumentare odio e razzismo, glielo ho già detto.
Ma ci sarà anche più gente che capirà che così non possiamo più proseguire».
È convinto che siano state le politiche del governo Netanyahu a innescare questa esplosione?
«Assolutamente sì. Non solo.
Questo esecutivo ha anche reso il Paese non pronto ad affrontare una emergenza come questa. Lovediamo da mesi. Abbiamo assistito all’indebolimento dell’esercito, all’indebolimento della polizia. Tutto per punire gli ufficiali che osavano criticare premier, ministri e la loro riforma della Giustizia. I soldati sono stati trascurati. L’economia è stata lasciata andare. La democrazia è stata ferita. Il governo coscientemente ha reso Israele più vulnerabile. Hamas lo ha visto. È stato un invito per Hamas».
È sorpreso dal fallimento dell’Intelligence?
«Tutto è scioccante in questo momento. Il completo fallimento di Israele, il completo successo di Hamas. Ma dobbiamo chiederci il perché».
Lei come si risponde?
«Siamo stati danneggiati dal nostro sentirci superiori. Quelli che chiamiamo con disprezzo solo “terroristi” disorganizzati, quelli che guardiamo dall’alto in basso, ci hanno umiliati».
Eppure l’Intelligence e l’esercito di Israele sono celebrati nel mondo come modello di efficienza.
«L’esercito di Israele non è da anni quello che alcune persone nel mondo pensano. Posso stilare un elenco di fallimenti? Il Libano, la Cisgiordania, la reazione all’Intifada…Guardi,nella nostra Difesa ci sono eccellenti persone, ma i risultati non sono un granché. Non è il Superesercito di cui si parla».
Israele ora è in guerra e cerca l’unità politica per affrontare l’emergenza.
«Ok, ora c’è l’unità nazionale. Ma le domande importanti verranno poste. I due campi non sono uniti, sono distanti. Oggi ci vogliamo tutti difendere, ma le questioni andranno affrontate. E poi: possiamo ricordare che nel governo ci sono ministri che non hanno i figli al fronte? (gli ultraortodossi sono esentati dal servizio militare, ndr) . Vedrà, queste persone pagheranno un prezzo».
Il coinvolgimento dell’Iran rende però la partita più ampia del campo di Israele…«Non sono un analista. Vorreiperò evitare di considerare i palestinesi soltanto delle statuine sulla scacchiera geopolitica delle grandi potenze. Sicuramente so che il negoziato tra Arabia Saudita e Israele ha a che fare con quello che sta accadendo ora. I palestinesi sanno di non contare nulla per i sauditi. Hanno definitivamente capito di non poter sperare che da quel dialogo possa arrivare qualcosa di buono per loro».