LA TENTAZIONE DI SCARICARE I RITARDI SUL PASSATO
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6 Dicembre 2022Il Guardasigilli: “Non serve inasprire le sanzioni, meglio ridurre le norme. E cercare di rompere l’omertà”
ROMA — Dopo l’abuso d’ufficio e la legge Severino che i sindaci detestano, adesso il Guardasigilli Carlo Nordio vuole buttare nel cestino anche il parterre delle norme sulla corruzione. Da Mani pulite in poi. Perché, dice lui, «il potenziale corruttore non va intimidito, ma va disamato ». E «inasprire le pene e creare reati non serve assolutamente a nulla». Bisogna solo fare in modo che «il potenziale corrotto collabori». Peccato che, come gli fa notare qui su Repubblica l’ex presidente dell’Anac Raffaele Cantone, questa norma già esiste, ma «non ha avuti effetti».
Giusto alla vigilia del suo primo speech in Parlamento — alle 11 in commissione Giustizia al Senato — Nordio ripropone quello che, in questi anni, da commentatore della materia e autore di libri, ha già teorizzato varie volte, sollevando le proteste dei suoi colleghi. Che gli rimproverano, da procuratore aggiunto a Venezia, di non aver portato a casa grossi risultati. Lui, ovviamente, la pensa all’opposto. Tant’è che cita la cosiddetta “Tangentopoli veneta” e l’inchiesta sul Mose, che definisce come «il più grande episodio di corruzione nazionale». Proprio il suo vissuto gli fa dire che «è inutile cercare di intimidire il potenziale corrotto, non verrà mai intimidito dal numero delle leggi e dall’asprezza delle pene perché sarà sempre convinto di farla franca e di non essere individuato e perseguito». Bisogna agire sul corruttore. «Bisogna interrompere la convergenza di interessi», nel senso che sia il corruttore che il corrotto «sono punibili per il reato di corruzione e quindi entrambi hanno interesse a tacere quando vengono interrogati dal magistrato, perché possono avvalersi della facoltà di non rispondere».
Al corruttore, secondo Nordio, bisogna offrire delle chance. «Bisognerebbe far sì — sostiene l’ex procuratore aggiunto — che chi ha pagato sia indotto a collaborare, attraverso l’impunità o attraverso una profonda revisione dello stesso reato di corruzione». E poi boccia la legge dell’ex Guardasigilli Paola Severino che nel 2012, non senza forti polemiche nella dottrina giuridica, aveva sdoppiato in due la concussione, dando vita a due reati distinti, la concussione per costrizione e l’induzione indebita. Una scelta che per Nordio «va in direzione assolutamente opposta». Alla Farnesina, il ministro degli Esteri Antonio Tajani invita Nordio e il titolare del Viminale Matteo Piantedosi a parlare proprio di corruzione, visto che lui stesso annuncerà, al prossimo G7, la richiesta di costituire un gruppo di lavoro ad hoc sul tema. Nordio non perde l’occasione di insistere sul suo disegno distruttivo degli attuali codici pieni, a suo dire, di reati inutili. O scritti in modo da non raggiungere l’obiettivo. Proprio come nel caso della corruzione. Per la quale «non può essere la minaccia della galera a indurre una persona a parlare perché così cadremmo nella barbarie giuridica».