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28 Febbraio 2025TURCHIA
Il leader, detenuto dal 1999 a Imrali, apre al dialogo con Erdogan: «Non c’è alternativa alla democrazia nel perseguimento e nella realizzazione di un sistema politico» In gioco le prossime elezioni del 2028 e il fronte siriano
Per i curdi di Turchia potrebbe essere la volta buona, anche se dettata da esigenze dei rispettivi leader più che dal reale completamento di un processo. Il capo carismatico indiscusso della minoranza, Abdullah Ocalan, fondatore del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e detenuto nel carcere di Imrali dal 1999, ha fatto appello alle organizzazioni armate perché interrompano la loro lotta. La dichiarazione è arrivata dopo una visita di alcuni parlamentari del partito Dem, vicino ai curdi e che conta 55 deputati in Parlamento. «Non c’è alternativa alla democrazia nel perseguimento e nella realizzazione di un sistema politico. Il consenso democratico è la via fondamentale», ha affermato Ocalan nel suo messaggio, sconfessando una lotta armata che nel Paese ha causato oltre 40mila morti. Non è la prima volta che in Turchia si parla di
compromesso storico con i curdi. Ma adesso sembrerebbero esserci tutte le condizioni, dentro e fuori il Paese. A confermarlo, è stato l’appello di Devlet Bahceli, Segretario del Mhp, il Partito nazionalista, e da sempre contrario a qualsiasi riconoscimento alla minoranza. Lo scorso ottobre, era andato a stringere per la prima volta la mano ai deputati curdi in occasione dell’inaugurazione dell’anno parlamentare, chiedendo la cessazione delle ostilità. Questa volta, sembrerebbe che tutti siano d’accordo, particolare che fa apparire l’ipotesi di conciliazione ancora più concreta.
Sulla carta, i primi a portare a casa un risultato importante sarebbero proprio i curdi, che attendono riconoscimenti costituzionali da decenni. Ma anche Erdogan ha fatto bene i suoi calcoli. Il presidente sa perfettamente che la sua stella è in declino. La sua permanenza al potere da oltre 20 anni, un’economia che non è più rosea come un tempo, soprattutto per quanto riguarda inflazione e capacità di spesa. I curdi sono circa 15 milioni, ragionando per difetto, quindi un bacino elettorale di grande valore se, come pare, vorrà correre per le presidenziali del 2028 (ammesso che non si voti prima, cosa che molti commentatori danno praticamente per certa). Il secondo a guadagnarci è proprio Ocalan, che non ha fatto questo appello gratis, ma dietro la garanzia, se non della sua liberazione, almeno di un’importante attenuazione del regime carcerario.
C’è poi il contesto internazionale da considerare. Tenere a bada i curdi turchi, significa automaticamente provare a trovare una soluzione con quelli siriani, ai ferri corti con il nuovo governo di Ahmed al-Sharaa. Proprio questa settimana, alla prima Conferenza del dialogo nazionale per avviare la transizione post-Assad, i rappresentanti curdi non sono stati invitati. Il capo delle Forze democratiche siriane (Sdf), Mazloum Abdi, ha accolto con favore l’apertura di Ocalan anche se ha ribadito che la cosa non li riguarda direttamente.