Questo è il risultato della confusione e della babele di dichiarazioni che sono state fatte da venerdì in poi da parte di esponenti di governo e di Fratelli d’Italia dopo l’intervento ucraino in territorio russo. Un punto di non ritorno nel conflitto in Ucraina che ha portato alcuni esponenti del governo italiano a dissociarsi dalla mossa del presidente Volodymyr Zelensky. Venerdì il ministro della Difesa Guido Crosetto ha spiegato che l’intervento ucraino in Russia “allontana il processo di pace” e Meloni è dovuta intervenire per correggerlo: secondo fonti accreditate, i due si sarebbero sentiti al telefono e la premier avrebbe corretto il ministro della Difesa. Poche ore dopo è dovuto intervenire il capogruppo in commissione Affari Esteri alla Camera Giangiacomo Calovini che, d’accordo con Palazzo Chigi, ha spiegato che “la posizione italiana sulla guerra in Ucraina non cambia” e che va rispettata “l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
La posizione di Meloni, infatti, è più in linea con quella dell’Unione Europea: gli attacchi dell’Ucraina in territorio russo sono legittimi in quanto difensivi, essendo un popolo aggredito. Quindi la premier preferisce non commentare e non farlo fare ai suoi dirigenti, anche perché ogni sua parola sarebbe interpretata come un modo per dissociarsi dal ministro della Difesa.
Ma la premier non è riuscita a mettere un freno alle intemerate dei suoi. Lunedì è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani per dire che le armi italiane “non possono essere utilizzate in Russia”. Ma a creare il caos nel governo è stata soprattutto la dichiarazione di lunedì pomeriggio del vice capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia Raffaele Speranzon. Quest’ultimo, rispondendo ad Affaritaliani.it, ha “stigmatizzato l’utilizzo di armi Nato” per l’attacco ucraino in Russia e definito “inaccettabile” l’invasione dell’esercito di Kiev violando i confini di Mosca. Una dichiarazione non concordata con Palazzo Chigi che infatti ha fatto sapere che le parole di Speranzon non fossero quelle del governo.
La decisione di “affossare” il dibattito sull’utilizzo delle armi mette in evidenza un nervo scoperto per la presidente del Consiglio. Sia perché l’elettorato di Fratelli d’Italia, come la maggioranza di quello italiano, è in buona parte contrario all’invio di armi in Ucraina, sia per i distinguo interni alla sua maggioranza: la Lega ha già fatto sapere che se l’esecutivo dovesse cambiare impostazione giustificando gli attacchi offensivi in territorio russo, sarebbe pronta a chiedere un passaggio parlamentare ai ministri competenti (quindi Tajani e Crosetto).
La decisione di non parlare delle armi all’Ucraina e del loro utilizzo non è un tema nuovo in Fratelli d’Italia: a maggio il partito di Meloni aveva deciso di non inserire la questione nel programma elettorale per le elezioni europee citando genericamente di voler continuare a sostenere Kiev.