La Corte dei conti apre un fascicolo sulla campagna di comunicazione del ministero del Turismo costata 140 mila euro La “Venere influencer” è sparita dai social, in piena stagione turistica, nonostante la spesa sostenuta per lanciare l’iniziativa
ROMA — Open to inchieste. Per Daniela Santanchè c’è una nuova grana legale. Stavolta ha a che fare direttamente col suo operato da ministra del Turismo nel governo di Giorgia Meloni, non con le beghe da imprenditrice al timone di Visibilia. La Procura della Corte dei conti del Lazio ha deciso di aprire un fascicolo sulla Venere. Non quella del Botticelli, ma l’influencer digitale creata da Santanchè per rilanciare – questo era l’obiettivo – il turismo nel Belpaese. Un’operazione pubblicitaria e mediatica, che finora ha galleggiato nel web più per gli sfottò e le gaffe (come la Slovenia spacciata nei video per l’Italia) che per la resa in termini di sviluppo di un settore cruciale per l’economia italiana. Ma adesso su questo progetto di marketing, foraggiato con soldi pubblici, si allunga l’ombra del danno erariale.
La Procura della Corte dei conti, guidata dal procuratore regionale per il Lazio Pio Silvestri, ha deciso infatti di avviare un’istruttoria. A stretto giro sarà notificata una richiesta di chiarimenti, atti alla mano, al Ministero del Turismo. L’obiettivo è capire come mai la “Venere Italia 23” – è il nickname per i social – sia scomparsa da oltre due mesi. Proprio nel pieno dell’estate. L’ultimo post pubblicato su Instagram è datato 27 giugno, un belvedere di Taormina con granita e cannoli. Su Twitter il profilo è stato chiuso. Su Facebook, come su TikTok, è introvabile. Un’anomala sospensione delleattività, appena poche settimane dopo l’avvio di una stagione turistica che la Venere di Santanchè avrebbe dovuto patrocinare ed espandere in termini di visibilità (e incassi per il comparto).
La mossa dei magistrati contabili non è un atto dovuto, legato all’esposto che aveva presentato a fine maggio il Codacons. Né alla denuncia per possibile danno erariale che aveva ventilato il segretario di +Europa, Riccardo Magi, due settimane fa. L’istruttoria muove direttamente dalle informazioni emerse dalla stampa, sullo stop dei profili social, su cui la Corte ora vuole vedere chiaro.
Solo lo spot che ha lanciato la Venere influencer è costato alle casse dello Stato 138mila euro, 2 mila euro sotto la soglia per cui è necessaria una gara. L’operazione ha coinvolto direttamente Palazzo Chigi, dato che la delibera che storna i 138mila euro è stata adottata, ai primi di aprile, dal Dipartimento per l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’oggetto era «l’affidamento del servizio di ideazione e realizzazione di un video promozionale», da innestare nella campagna di comunicazione «per la valorizzazione dell’immagine dell’Italia e delle risorse turistiche del Paese». Per giustificare l’assenza di una gara, nell’atto la Presidenza del Consiglio descriveva l’affidamento come dettato da urgenza. Perché, si legge nelle carte, «il video promozionale oggetto della prestazione contrattuale dovrà essere mostrato in occasione dell’evento di presentazione della campagna organizzata dal ministero del Turismo per il 20 aprile 2023».
A fine giugno però la Venere è andata in ferie. Senza nessuna avvisaglia. E ci è rimasta fino a oggi. Il ministero di Santanchè, contattato, a fine agosto ha riferito che la sospensione delle attività della costosa influencer digitale non sarebbe frutto di un intoppo o di problemi di contratto con l’agenzia di comunicazione incaricata (la Armando Testa), ma al contrario di «una scelta ponderata», per «far atterrare le campagne sul portale italia. it». La Venere, assicurava il dicastero del Turismo, «tornerà presto protagonista». Per ora, in Procura.