Il nodo del prezzo
UniCredit attenderà l’esito dell’offerta di Banco Bpm su Anima, a inizio aprile, prima di decidere come procedere, a sua volta, sulla propria ops su piazza Meda. Prima l’Eurotower, che ha negato a Bpm lo sconto danese sul capitale, e poi l’Eba offrono così un assist ad Andrea Orcel che si prende la soddisfazione di poter affermare che su Anima aveva ragione. E che l’offerta va avanti solo se c’è valore altrimenti «non la faremo».
L’acquisizione di Bpm, dunque, per Orcel non deve avvenire a ogni costo, ma al costo “giusto”. Gli sviluppi regolamentari hanno così generato il doppio effetto di cambiare la percezione del prezzo offerto da UniCredit per l’Ops Bpm, inizialmente giudicato penalizzante per i soci Bpm, e soprattutto di fornire allo stesso capo di Gae Aulenti una posizione privilegiata da cui può scegliere in modo libero come procedere sui diversi dossier aperti.
Il criterio che governerà questa scelta, evidentemente, sarà il prezzo della conquista di Bpm. Un prezzo che va oltre la valorizzazione dell’Ops annunciata e tiene conto anche delle “concessioni” da dover offrire ai francesi del Credit Agricole, soci con il 15% di Bpm ma proiettati al 20%, come contropartita per l’appoggio all’intera operazione. Qualcuno, in proposito, racconta che il canale con il gruppo francese, sondato, già nei primissimi contatti avrebbe registrato una battuta d’arresto a causa delle richieste avanzate dall’istituto transalpino. Alcune fonti riferiscono della proposta di un pacchetto che contemplava 500-600 sportelli, ma su questo mancano conferme ufficiali.
Il banchiere ha ricordato nelle recenti esternazioni che, nel caso in cui l’Ops su Bpm decadesse, la banca di Gae Aulenti proseguirà con la strategia stand alone. D’altro canto, riferiscono alcune fonti, il grande capo di UniCredit, uomo di numeri, questa eventualità l’avrebbe già messa in conto, tant’è che si è già posizionato su alcune partite che potrebbero tornare utili se la strada per la conquista di Bpm risultasse in salita. Il riferimento non è tanto a Commerzbank che appare in stand by, quanto al sistema Mediobanca-Generali, in piena evoluzione.
Il fronte Mediobanca
E qui entra in gioco l’assemblea di Trieste, in agenda il 24 aprile, dove il mercato aspetta di leggere nel voto le intenzioni di UniCredit. Secondo indiscrezioni, nelle ultime settimane si sarebbero registrati contatti tra il ceo di Mediobanca, Alberto Nagel, e Andrea Orcel, sui diversi dossier aperti. Ricostruzioni che non trovano riscontro da fonti vicine a piazzetta Cuccia che specificano come le uniche interazioni con UniCredit, così come con tutti gli altri azionisti di Generali, saranno sul marketing della lista depositata dalla banca per il rinnovo del Cda.
Nell’attesa di sviluppi, la Borsa si esercita sulle potenziali combinazioni nel caso in cui il piano Bpm si arenasse e il voto di Orcel andasse a favore di piazzetta Cuccia. Tra questi la possibilità che UniCredit possa muovere sulle Generali attraverso due strade. La prima, rilanciando sulla stessa Mediobanca, oggetto di una offerta pubblica di sottoscrizione da parte di Mps. L’alternativa è che la banca di Gae Aulenti possa agire direttamente su Trieste, con una ops in cui potrebbe prendere forma quel vecchio progetto di uno scambio di asset: il controllo di Banca Generali da un lato e il pacchetto del 13% detenuto dalla stessa Mediobanca nel Leone dall’altro.
Il piano alternativo a Natixis
Se invece i diritti di voto di UniCredit finissero nell’orbita del gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone il quadro sarebbe completamente diverso. Il piano Bpm, evidentemente, ne uscirebbe rafforzato, ma soprattutto una mossa di questo tipo, si racconta, verrebbe interpretata come un chiaro segnale ”distensivo” nei confronti del Governo che deve ancora esprimersi con il Golden Power sull’operazione di piazza Meda (il verdetto era atteso a fine aprile). Non solo. In una assemblea in cui le due liste contrapposte, quella di Mediobanca e quella di Caltagirone, si identificano anche con i sostenitori dell’operazione Generali-Natixis e i più critici su questa unione, è evidente che il voto di UniCredit a favore della lista dell’imprenditore romano avrebbe un significato che si presterebbe a più interpretazioni. Tant’è che c’è chi non esclude che se si consolidasse una alleanza di questo tipo potrebbe nascere in rapida successione anche un disegno alternativo a quello francese, che Caltagirone e Delfin, azionisti delle Generali con il 10% ciascuno, sono intenzionati a fermare alla luce delle criticità che esprime. Nelle sale operative circolano voci su un possibile piano che prevederebbe il conferimento da parte di una Bpm conquistata da UniCredit di Anima nelle Generali.