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Vincitore del Nobel con Memorial, il dissidente è stato condannato a 30 mesi. L’Ue «scioccata»
Trenta mesi di carcere per aver «screditato le forze armate russe». Portato via in manette, circondato da poliziotti come il più pericoloso dei terroristi. Invece si tratta di Oleg Orlov, 70 anni, co-presidente dell’organizzazione internazionale per i diritti umani Memorial, vincitrice nel 2022 del Premio Nobel per la Pace. A “inchiodare” il dissidente è stato un articolo pubblicato nel novembre del 2022 sul sito di news francese Mediapart.
In quell’occasione, l’autore si era detto molto preoccupato per il futuro della Russia che, anche attraverso la guerra in Ucraina, stava passando da un totalitarismo comunista a uno di stampo fascista. Orlov aveva
puntato il dito non solo contro il presidente Putin, ma anche contro tutto il suo sistema di potere composto da alti funzionari pubblici, dirigenti ai vertici delle imprese di Stato e oligarchi. Ieri ha tenuto una breve dichiarazione alla stampa, per poi essere portato via da una numerosa scorta armata, fra gli applausi dei suoi sostenitori. «Non ho commesso alcun reato – ha spiegato Orlov –. Vengo processato per un articolo di giornale in cui ho definito totalitario e fascista il regime politico instaurato in Russia. L’ho scritto più di un anno fa. All’epoca alcuni amici pensavano che stessi esagerando. Ma ora è terribilmente chiaro. Nel nostro Paese lo Stato controlla non solo la vita pubblica, politica ed economica. Vuole il controllo totale della cultura e delle scienze, invade la vita privata. Lo Stato è diventato onnipresente». L’Unione Europea si è detta «scioccata» dalla condanna di Orlov, che «non ha commesso nessun crimine – ha detto l’Alto rappresentante Josep Borrellm chiedendo il rilascio immediato del dissidente – ma ha esercitato il suo diritto costituzionale» di critica all’operato del governo russo. In primo grado, Orlov era già stato condannato a pagare una multa di 150mila rubli, circa 1.500 euro, ma la procura aveva presentato un ricorso in appello. Al momento della sentenza, il dissidente ha fatto l’occhiolino alla moglie, Tatjana Kasatkina, dicendole: «Mi avevi promessi di non piangere». La donna ha voluto lasciare una dichiarazione: «Io e Oleg abbiamo fondato Memorial insieme. Ma la cosa più importante è che abbiamo creato una squadra che continuerà a lavorare a prescindere dal fatto che Oleg sia libero o meno».
Orlov era stato uno dei pochi dirigenti di Memorial a essere rimasto in Russia. La maggior parte è volata all’estero dopo la liquidazione dell’associazione, avvenuta nel 2021 e soprattutto dopo l’inizio della guerra in Ucraina. La storica sede dell’organizzazione, nel centro di Mosca è stata sgomberata dalla polizia poco dopo l’inizio del conflitto. Memorial continua la sua attività all’estero grazie a Memorial International. Altre organizzazioni sono state messe completamente a tacere. La più importante è l’Helsinki Group, la più antica Ong della Russia. Ma l’ombra del Cremlino sulla libertà di pensiero è andata oltre e nel 2023 ha chiuso lo storico Centro Sacharov, uno dei pochi luoghi rimasti in Russia a organizzare dibattiti senza censure.