Qual è il vero significato della Pace nell’affresco del Buon Governo?
Si tratta di un interrogativo tutt’altro che marginale, profondamente attuale, che non coinvolge solo filosofi e teorici, ma anche le forze politiche e i leader responsabili delle decisioni che modellano il destino delle nazioni. Nell’opera di Ambrogio Lorenzetti, la Pace non è il risultato di un compromesso né di un accordo tra parti in conflitto. Al contrario, è una pace imposta con la forza, raggiunta attraverso la sconfitta totale e, talvolta, l’annientamento del nemico. Non nasce dal dialogo o dalla mediazione, ma dalla supremazia militare che elimina ogni possibilità di resistenza o contestazione.
La Pax è inscindibilmente legata alla Fortitudo, simbolo di forza e determinazione bellica. Non si basa sulla coesistenza con l’avversario, ma sulla sua eliminazione come soggetto politico e militare. In questa prospettiva, la pace non è un fragile equilibrio tra forze opposte, bensì l’esito definitivo della vittoria e della dominazione.
Oppure, al contrario, la Pace è possibile solo rinunciando alla Forza?
Forse il cumulo di armi riposto sotto il cuscino della figura femminile che la incarna non è solo un segno del suo passato guerriero, ma il simbolo di una scelta consapevole: un addio alle armi in favore del negoziato e della diplomazia. Se così fosse, quale ruolo avrebbe in questo scenario il concetto di deterrenza? L’equilibrio delle forze in campo sarebbe davvero una garanzia di stabilità o solo una tregua precaria fondata sulla paura reciproca? E infine, è davvero un’utopia il concetto kantiano della Pace perpetua, o può ancora rappresentare un orizzonte concreto verso cui tendere? Oggi, al momento e al di là della “verità” storica quale interpretazione dare (B. Croce)?