
«L’arte? È un impegno civile, quasi politico, nel senso della Grecia classica»
9 Marzo 2025di Pierluigi Piccini
A Siena, le mura medievali sembrano custodire non solo secoli di storia, ma anche le cicatrici politiche mai sanate di una città ancora segnata dalla caduta di Banca Monte dei Paschi. In questo contesto, la disputa tra Franco Ceccuzzi e Bruno Valentini appare più come una resa dei conti personale che un confronto utile per il futuro. La faida tra i due è radicata in una lotta interna al Partito Democratico che affonda le radici nella gestione di Monte dei Paschi di Siena. Nel 2013, Ceccuzzi, all’epoca candidato sindaco, fu travolto dall’inchiesta sul crac del pastificio Amato e si ritirò, accusa oggi il partito di averlo lasciato solo. Valentini, che subentrò come sindaco, cercò di discontinuità con il passato, criticando la gestione di MPS, ma venendo anch’egli accusato di non aver fatto abbastanza per evitare il disastro finanziario. L’attacco reciproco tra i due non si è mai placato, con Ceccuzzi che ha recentemente accusato il partito di averlo abbandonato, mentre Valentini ha difeso il suo operato, accusando Ceccuzzi di non aver fatto autocritica.
Dopo anni, il Partito Democratico sembra ancora prigioniero di un passato che non riesce a superare, intrappolato in una narrativa di sconfitta che non solo alimenta sfiducia e disillusione, ma impedisce anche di cogliere le opportunità per un autentico rinnovamento.
C’è però un nodo ancora più profondo. Il PD senese è diventato subalterno a un gruppo che si definisce progressista, ma che in realtà appare più interessato a preservare le proprie posizioni di potere che a promuovere un vero cambiamento. Un sistema chiuso, che ripropone stancamente gli stessi meccanismi, incapace di generare né attrattività, né innovazione. È come se la parola “rinnovamento” fosse stata svuotata di significato, ridotta a uno slogan utile per ogni circostanza. In questo contesto, il PD non riesce a spezzare quella che ormai assomiglia a una narrativa di sconfitta, che condanna la città a una sorta di stasi politica, lontana dalle reali esigenze dei cittadini.
Questo gruppo, pur sventolando la “bandiera del progresso”, sembra più preoccupato di conservare le proprie rendite, alimentando una gestione opaca delle risorse pubbliche e delle istituzioni cittadine. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un partito che non solo fatica a fare i conti con il passato, ma che appare anche ostaggio di interessi particolari, lontani dalle esigenze reali della città.
Il vero problema, quindi, non è solo la faida tra Ceccuzzi e Valentini, ma un sistema di potere che continua a riprodursi senza apportare alcuna innovazione. Un sistema che ha mostrato tutti i suoi limiti nel momento più critico per Siena: il crac di MPS, che ha lasciato la città più povera, più fragile e sempre più isolata. Gli elettori, stanchi di promesse vuote e giochi di potere, hanno già iniziato a guardare altrove, sancendo una sconfitta che è prima di tutto culturale, ancor prima che politica.
Per uscire da questa impasse, il PD avrebbe bisogno di un atto di coraggio: rompere davvero con le logiche di conservazione, puntare su volti nuovi e competenze autentiche, e offrire una visione chiara e concreta per il futuro della città. Continuare a riproporre gli stessi meccanismi e la faida ne è un esempio, senza mai mettere in discussione le fondamenta del sistema, rischia solo di approfondire una crisi già devastante.
Le prossime elezioni saranno il vero banco di prova: o segneranno l’inizio di una rifondazione autentica, capace di restituire attrattività e credibilità alla politica cittadina, oppure sanciranno definitivamente il tramonto di un’epoca, lasciando campo libero a un centrodestra sempre più radicato e determinato.