Neil Young e “Harvest”: “Out on the weekend”
6 Dicembre 2022News
7 Dicembre 2022di Pierluigi Piccini
Ma siamo proprio sicuri che la discussione pre congressuale del Pd sia qualcosa di nuovo, capace di aprire ad una vera rifondazione del partito (Andrea Valenti)? Francamente ho seri dubbi, vediamo il perché. Tutto si ripete uguale a cose già viste. Ieri ho postato il famoso intervento della Serracchiani del 2009 che da innovatrice, giovane e fuori dalle correnti criticava la segreteria di Franceschini, sul mancato coraggio di rivendicare una politica a favore dei più deboli, sulle alleanze e sul disinteresse di alcuni iscritti, da leggersi come correnti, a favore della svolta veltroniana legata alla nascita del Partito democratico. Poi la giovane, fuori dalle correnti ha saputo ben capitalizzare le sue performance. Ma oggi non è la stessa cosa? Di nuovo gli apparati amministrativi e quel che resta del partito da una parte e dall’altra la portatrice di novità, apparentemente senza sintesi con ambedue gli schieramenti che giurano e spergiurano che si batteranno per eliminare le correnti. Anche se poi ricorrono a queste per potersi affermare. Certo i contenuti sono cambiati da quel 2009, oggi campeggiano l’ambiente e i diritti individuali. Già cosa è meglio: l’individuale o il sociale? Bel dilemma! E di fronte alla crisi della globalizzazione conviene ancora sposare il liberalismo (Blair, Veltroni) o avvicinarsi al comunitarismo che sembra piacere ai ceti popolari e medi in fase di forte ridimensionamento e impoverimento? Tematiche non da poco, ma che sono oggetto di discussione di un comitato di saggi che dovrebbe licenziare un manifesto prima del congresso del Pd. Aspetti vecchi come accumulazione del capitale (digitalizzazione), alleanza sociale con i punti forti della riorganizzazione economica e sociale, stili di vita e via discorrendo, appartengono ormai solo ai conservatori americani che hanno adottato Gramsci come loro punto di riferimento. E allora permettetemi di fare una lunga citazione presa da un libro agile e utile: “La mutazione” di Luca Ridolfi. Il quale, così scrive: “Nel nuovo millennio l’alternativa è sempre meno destra o sinistra, e sempre più comunitari o liberal. La sinistra è diventata liberal e ha tolto spazio a qualsiasi sinistra anticapitalistica, marxista e comunitaria. Mentre la destra, tramontata la promessa berlusconiana di una rivoluzione liberale, ha accentuato i suoi tratti comunitari, dal tradizionalismo alla chiusura verso il diverso. E il popolo ha scelto, non la destra sulla sinistra, ma il comunitarismo tiepido della destra contro il liberalismo radicale della sinistra”. Ovvero, si è tenuto distante da quel fare tra lo spocchiosetto e l’arrogantello che viene attribuito ai cittadini dei centri storici, che votano a sinistra e che sembra ritornare anche in questa fase congressuale. Tradotto nella politica, come avrebbe detto quel pensatore sardo ormai dimenticato, il giacobinismo incapace di comprendere e indirizzare il senso comune. Una ultima osservazione, poi magari avremo tempo per tornarci sopra: attenzione, perché sarebbe un vero danno per il Paese se il manifesto e il congresso non trovassero una sintesi e una proposta forte, i rischi di scissione sono dietro l’angolo.