Le accuse del leader 5S sulla guerra e sulla Rai indignano i dem, pressioni sul Nazareno “Ha passato il segno, bisogna rispondere”. E la segretaria decide di alzare i toni
ROMA — Basta fair play . Conte attacca il Pd? È ora di reagire. Ribolle il corpaccione dem dopo l’ennesimo affondo del presidente grillino. Stufo, specie l’ala riformista, di prendere schiaffi — sulla guerra come sulla Rai — da colui che dovrebbe essere un alleato fedele e invece si dimostra ogni giorno più aggressivo.
L’accusa di essere un partito «bellicista», scagliata durante la presentazione del libro di Roberto Speranza, è la classica goccia che fa traboccare il vaso. E stavolta, a entrare nel mirino dei parlamentari, è anche la segretaria, considerata troppo timida nel rintuzzare l’offensiva dell’ex premier giallorosso. Deciso a scipparle, a colpi di bordate, la leadership nel campo dell’alternativa. «E se noi insistiamo a porgere l’altra guancia, finisce che ci riesce pure», sibila nei corridoi di Montecitorio un deputato di lungo corso.
È soffocante l’assedio che per tutto il giorno cinge l’inquilina del Nazareno affinché abbandoni la linea zen tenuta finora e rimetta al suo posto il capo 5S. Talmente carico di insofferenza da spingere Elly Schlein, a sera, a replicare a brutto muso. In principio con prudenza: «Per litigare bisogna essere in due e io non ho mai lanciato una polemica strumentale contro un’altra forza di opposizione». Quindi, incalzata dai suoi, inmaniera più netta: «Io continuerò ad agire nel modo più unitario possibile, esaltando le questioni su cui si può lavorare insieme — sanità, casa, clima, scuola — ma non siamo disponibili ad accettare costanti mistificazioni e attacchi che mirano al bersaglio sbagliato», si sfoga con i cronisti in Transatlantico.
È come se si fosse liberata, la leader dem, una sorpresa persino per la cerchia più stretta: «Non si fa politica guardano lo specchietto retrovisore », sfodera gli artigli. «Certo che abbiamo le nostre differenze», a partire dal diverso approccio sulla Tv di Stato: «Forse non sentono come noi l’urgenza di intervenire rispetto all’uso propagandistico che il governo sta facendo del servizio pubblico ». Ma «la situazione ci richiede di portare avanti battaglie comuni dinnanzi a un governo che sta dividendo l’Italia». E dunque se Conte «attacca più noi che Meloni sta sbagliando strada» e «ne risponderà ai suoi elettori». Chiaro l’avvertimento: la pazienza è finita. Imposto dal nervosismo montante nel Pd, che obbliga Schlein ad archiviare quellanoncuranza — per lei sinonimo di responsabilità — mostrata sin qui nei confronti dei grillini.
Al mattino, la scelta era diversa: si era stabilito di non commentare «le uscite scomposte» di Conte. «Non ho il problema del testosterone, io» aveva scherzato la segretaria alla Camera. Convinta che non ribattere alle punzecchiature fosse la via migliore per propiziare le intese ancora da chiudere nelle regioni e nei comuni attesi al voto di primavera. Di sicuro la più utile per centrare l’obiettivo che le sta più a cuore: la costruzione di una coalizione di centrosinistra in grado di battere le destre. Poi però qualcosa è cambiato. In assenza della sua voce, quasi tutti i big del Pd hanno iniziato a tambureggiare contro il leader 5S . Ad aprire le danze, l’altrimenti impassibile Lorenzo Guerini: «Non mi occupo di questioni tricologiche», l’ironia sguainata sui capelli di Conte che, aveva provocato lui la sera prima, «mi si rizzano in testa a vedere questo Pd bellicista ». Un’accusa infamante: «Non capiscodi cosa stia parlando», tagliacorto l’ex ministro alla Difesa. «Se fossi stato presente all’iniziativa — scocca una frecciata alla segretaria, che sul momento aveva lasciato cadere — gli avrei risposto che il Pd è stato ed è dalla parte della difesa della libertà e della sovranità dell’Ucraina, dalla parte del diritto internazionale. Senza esitazioni o ambiguità».
Dopodiché, il diluvio. «Quando Conte passa il segno bisogna rispondere», il carico aggiunto da Alessandro Alfieri, responsabile Riforme in quota riformista. «Prima ci ha detto che siamo per l’immigrazione indiscriminata, ora bellicisti. Sono dellecaricature inaccettabili che abbiamo il dovere di respingere al mittente, per tutelare la nostra comunità che si sente offesa e la coerenza delle nostre posizioni. Competion is competion , si avvicinano le Europee ed è comprensibile che il M5S faccia il M5S, ma il Pd deve fare il Pd».
Sprezzante Andrea Orlando: «Conte ha memoria selettiva e non ricorda che il primo invio di armi fu votato da tutto l’esecutivo nel quale sedevano anche ministri 5S». Sbigottito Matteo Orfini: «Sembra che sia più attivo nell’opposizione a noi che al governo». Perciò «ha fatto bene la segretaria a rispondergli», plaude il responsabile Esteri Peppe Provenzano: «Bellicista a chi? Abbandonare l’Ucraina non porta la pace, ma la resa alla sopraffazione del bellicista vero, che è Putin. E sul Medio Oriente siamo stati i primi a chiedere il cessate il fuoco». Il problema adesso è: cosa farà Conte? Accetterà la postura muscolare di Schlein? O, come fa intendere Romano Prodi, toccherà rassegnarsi a Meloni per mancanza di un’alternativa a sinistra?