FRANCESCO MOSCATELLI
MILANO
Un nome ancora non ce l’ha. Ma quella che ha mosso i suoi primi passi ieri a Milano, fra una sala scientificamente troppo piccola per contenere tutti i presenti e le vasche un po’metafisiche dei Bagni Misteriosi, piscina chic in zona Porta Romana, ha tutta l’area di essere la nuova corrente centrista del Pd. “Crescere”, il titolo dell’evento aperto dal riformista Lorenzo Guerini e chiuso dal cattolico Graziano Delrio, con tanto di auguri di buon lavoro di Romano Prodi («Mi ha chiamato apposta» sottolinea la senatrice Sandra Zampa) e assenza giustificata di Paolo Gentiloni («Non è qui perché è a Berlino» rassicurano i presenti), dice già tanto.
Si tratta di una spaccatura alla destra di Energia Popolare, l’attuale contenitore della minoranza che fa capo al presidente Stefano Bonaccini, accusato di essersi troppo appiattito sulle posizioni della segretaria Elly Schlein. Ma si tratta soprattutto di un segnale che dentro i dem, in vista del congresso che da statuto si dovrebbe tenere nel 2027, e a maggior ragione guardando alle elezioni politiche dello stesso anno, gli equilibri non reggono più. Fra meno di un mese, infatti, anche le tre aree politiche che sostennero Schlein alle primarie – Dems di Andrea Orlando, Areadem di Enrico Franceschini e Articolo 1 di Roberto Speranza – hanno organizzato una tre giorni a Montepulciano. Un modo per rafforzare la segretaria, secondo alcuni, per commissariarla, secondo altri. Lei, per ora, sta a guardare. «Benissimo la discussione interna a un partito che è democratico e restiamo adesso concentrati sulla manovra e sulle Regionali, perché sono partite importanti» si è limitata a commentare ieri. Poi ha rivendicato il suo ruolo di Penelope che tesse la tela dell’alleanza con il Movimento Cinque Stelle. «Ho ascoltato Giuseppe Conte dire che serve un programma condiviso. Dal giorno dopo le regionali cominciamo insieme a costruire il programma della coalizione progressista e non lo facciamo da soli, ma nel Paese e con il Paese».
Dalle parti di Bonaccini, dove pure si evidenzia che Energia Popolare continua a rappresentare una fetta importante di sindaci e amministratori locali, che infatti a Milano sono un po’pochini, interviene Alessandro Alfieri. «Considero un errore dividersi in questo momento e spero che si possa tenere un filo comune perché su molte cose la pensiamo esattamente allo stesso modo» sostiene il senatore.
In ogni caso gli scissionisti, dai Bagni Misteriosi, sono stati i primi a scoprire le carte. Non mettono in discussione la segreteria Schlein, ma chiedono chiarezza sulle alleanze. «Allargare il pensiero del Pd significa allargare l’elettorato del Pd – dice Guerini –. Unire le opposizioni è necessario ma non sufficiente, ora bisogna costruire una reale e credibile alternativa di governo». Uno dei nodi, ovviamente, riguarda difesa e sicurezza «che non possono essere collaterali alla costruzione di un’alternativa di governo» e l’Ucraina, sulla quale «non è ammessa alcuna ambiguità». Nei panel moderati dall’eurodeputato ed ex sindaco di Bergamo Giorgio Gori si discute di occupazione femminile, aumento della produttività e dei salari, welfare ed Europa. «Mettiamo l’accento su crescita e sviluppo, questioni che mancano dall’agenda del governo ma anche da quella dell’opposizione. Se le cose vanno avanti così temo che la destra possa rivincere» specifica la deputata Lia Quartapelle.
Seduto in prima fila, fra Marianna Madia e Walter Verini, Simona Malpezzi e Filippo Sensi, c’è anche il primo cittadino di Milano Beppe Sala. È qui per portare i saluti, ma poi si ferma ad ascoltare per oltre due ore. «Prima di cercare alleati il Pd deve capire cos’è e cosa vuole fare. Io da non tesserato ci sono e ci sarò». In testa ha la scelta del suo successore, ma non solo.
Dal palco l’intervento più atteso è quello della vice-presidente del Parlamento Ue Pina Picierno, che prima di arrivare ai Bagni Misteriosi ha fatto visita insieme alla presidente dell’assemblea di Strasburgo Roberta Metsola alla senatrice a vita Liliana Segre. Attacca chi ha contrapposto i «riformisti di popolo» ai «riformisti da salotto» e chi ha usato «il principio di unità come una clava per affossare il pluralismo». Evoca anche la possibilità di un congresso «per discutere la linea politica».
Delrio, a cui spetta il compito della sintesi finale, ammette che c’è stato «troppo silenzio», un silenzio a volte «colpevole». Si rivolge agli assenti, ipotizzando che qualcuno abbia ricevuto una telefonata per farlo desistere dal partecipare. «Napolitano e Berlinguer litigavano, pensate che bello. Noi vogliamo che il Pd sia sempre più percepito come il partito che non ha paura di rompere il silenzio».







