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1 Settembre 2025Il piccolo borgo di Piancastagnaio dall’impianto urbanistico medievale arricchito da successive stratificazioni manieriste, dove il tessuto viario originario accoglie palazzi signorili, portali elaborati e decorazioni tardo-rinascimentali, ha dimostrato che anche i luoghi più raccolti possono diventare palcoscenici di grandi emozioni. Il Fonti Jazz Festival, giunto quest’anno alla sua seconda edizione, ha saputo trasformare una sfida meteorologica in un trionfo artistico, conquistando il cuore degli appassionati di musica di tutta Italia.
L’intuizione di collegare il jazz all’acqua si è rivelata geniale. Come hanno spiegato gli organizzatori, entrambi gli elementi “arrivano di getto, scorrono, mutano pur avendo un’origine chiara. Improvvisano creando nuove vie”. Questa filosofia ha guidato la scelta degli artisti e ha creato un’atmosfera unica che ha conquistato pubblico e critica.
Solo la prima serata si è potuta svolgere nella location originaria delle Fonti di Voltaia, con il prestigioso concerto della Chigiana che ha visto protagonista Stefano Battaglia, uno dei pianisti più raffinati del panorama jazzistico internazionale. L’atmosfera magica delle antiche fonti ha fatto da cornice perfetta a questa apertura d’eccezione.
Le condizioni meteorologiche hanno poi costretto gli organizzatori a spostare le successive quattro serate presso lo Spazio Dante Cappelletti, ma quello che poteva sembrare un problema si è trasformato in una straordinaria scoperta. Il recupero di questo spazio, realizzato su progetto dell’architetto Francesco Traversi, ha ricevuto un vero e proprio coro di consensi da parte del pubblico. La location alternativa non solo ha garantito il perfetto svolgimento del festival, ma ha dimostrato come Piancastagnaio possegga tesori architettonici capaci di esaltare la musica dal vivo.
Dopo l’apertura con la Chigiana e Stefano Battaglia, il festival ha continuato con Glenn Ferris Italian Quintet, una leggenda vivente del jazz. Il trombonista californiano, che ha collaborato con giganti come Frank Zappa, Stevie Wonder, James Taylor e Billy Cobham, si è esibito con un quintetto tutto italiano formato da musicisti di straordinaria esperienza: Mirco Mariottini, Giulio Stracciati, Franco Fabbrini e Paolo Corsi. Una serata densa di energia dove il calore del trombone di Ferris ha incontrato la creatività italiana.
La terza serata ha visto protagonisti Magalì Sare e Manel Fortià con “Re-Tornar”, un viaggio sonoro che ha intrecciato jazz, folk mediterraneo e cantautorato. La voce limpida e magnetica di Magalì Sare e il contrabbasso narrativo di Manel Fortià hanno regalato al pubblico un concerto in cui ogni nota è diventata un piccolo racconto intimo.
La quarta serata ha portato sul palco Gabriele Mirabassi e Simone Zanchini, un incontro travolgente tra clarinetto e fisarmonica. I due virtuosi hanno reinventato con ironia e raffinatezza il repertorio della musica popolare, trasformando valzer, tango e polka in terreno di sperimentazione jazzistica.
Il gran finale è stato affidato a “More Morricone”, un omaggio intimo e raffinato alla musica per il cinema di Ennio Morricone. Giovanni Ceccarelli al pianoforte e Ferruccio Spinetti al contrabbasso hanno dialogato con la voce di Cristina Renzetti in un viaggio attraverso colonne sonore celebri, da “Nuovo Cinema Paradiso” a “C’era una volta il West”.
Non sono state solo le esibizioni a rendere speciale questo festival. L’iniziativa ha saputo coinvolgere l’intera comunità, trasformando Piancastagnaio in un punto di riferimento culturale per tutto il Monte Amiata. La scoperta dello Spazio Dante Cappelletti come venue perfetta per il jazz ha aperto nuove prospettive per il futuro culturale del borgo.
Due mostre identitarie hanno arricchito l’offerta culturale durante il periodo del festival: una dedicata ai manifesti degli anni Settanta, gestita dall’Amministrazione comunale, e un’altra sui volti di alcuni contradaioli della contrada di Castello, organizzata dalla stessa contrada, entrambe allestite nella Rocca Aldobrandesca. Queste iniziative parallele hanno dimostrato come eventi di questa portata riescano a catalizzare energie creative in tutto il borgo, creando un clima culturale che va oltre la musica e valorizza la storia e le tradizioni locali.
Cosa ha reso così speciale questo festival? La capacità di adattarsi alle circostanze trasformando ogni difficoltà in opportunità. Lo Spazio Dante Cappelletti ha rivelato qualità acustiche e architettoniche straordinarie, ricevendo elogi unanimi che ne fanno una delle scoperte più interessanti del panorama culturale senese. L’ingresso gratuito a tutti i concerti ha permesso a chiunque di avvicinarsi a questa musica straordinaria, abbattendo le barriere economiche e culturali. Una scelta coraggiosa che ha pagato, dimostrando come la cultura di qualità debba essere accessibile a tutti.
Il successo delle cinque serate ha già gettato le basi per le prossime edizioni. Con due location eccezionali – le suggestive Fonti di Voltaia e l’accogliente Spazio Dante Cappelletti – il festival può ora contare su una versatilità che gli permetterà di affrontare qualsiasi sfida futura.
Piancastagnaio ha dimostrato che non servono metropoli per creare eventi di livello internazionale. Basta avere la passione, la visione giusta e la capacità di trasformare le proprie radici in punti di forza. Il jazz ha trovato casa tra le antiche pietre di questo borgo, e il pubblico ha risposto con un entusiasmo che fa ben sperare per il futuro.
La prima serata della Chigiana, che segna ormai una collaborazione forte con il territorio, insieme alle quattro serate del Fonti Jazz Festival, non sono state solo concerti: sono state la dimostrazione che la musica di qualità può fiorire ovunque, purché ci siano cuore, competenza e la volontà di osare. E Piancastagnaio ha osato, vincendo la scommessa più bella: quella di regalare emozioni autentiche in un mondo sempre più frenetico.
Questo successo è stato possibile grazie al lavoro di molte persone. Un ringraziamento sentito va a Valeria Pinzi per la direzione artistica del Festival, ai curatori delle mostre identitarie, al personale dell’Amministrazione comunale, agli artisti che hanno regalato emozioni vere, ai tecnici che hanno fatto funzionare tutto perfettamente, ai volontari che si sono dati da fare senza risparmiarsi, alle contrade che hanno animato il borgo, a chi ha lavorato dietro le quinte e a chi ha accolto musicisti e pubblico con semplicità e calore.
Quando la nostra comunità lavora insieme su un progetto comune, i risultati si vedono. Il jazz è stato l’occasione, ma quello che conta davvero è stata la voglia di fare bene le cose. Una dimostrazione concreta che abbiamo le energie per affrontare anche progetti più impegnativi.
Un bel modo di stare insieme e di guardare avanti.