“È un Paese di iperindividualisti Non producono ma pretendono”
19 Dicembre 2023In Italia siamo meno di 59 milioni I piccoli Comuni sempre più spopolati
19 Dicembre 2023il caffè
di Massimo Gramellini
Quando pesti un pandoro e l’influencer rivale, quella di stanza a Palazzo Chigi, ti attacca alla festa del suo partito come se tu fossi una Schlein qualsiasi, non ti resta che ricordare a tutti chi sei davvero. Titolo: «Il manuale delle perfette scuse». E noi boomer, cresciuti con Fonzie che non riusciva mai ad andare oltre a un patetico «ho sbagl…», umilmente prendiamo nota. Il tono, intanto. Sfondo dimesso, look dimesso, sguardo dimesso. Cinquanta sfumature di bigio. Occhi umidi e voce sempre sul punto di rompersi, ma argine ferreo alle lacrime che trasformerebbero la «verità» social in cattiva televisione. E ora, i contenuti. Riconoscere che hai sbagliato, ma non a fare qualcosa, semmai a comunicarlo male. Assegnarsi subito anche la penitenza, annunciando che donerai un milione di euro all’ospedale citato sulla confezione del pandoro, però senza sbracare con le ammissioni di colpa, e quindi ribadendo che impugnerai la multa che ti condanna a sganciarne un altro all’Antistrust.
Mio padre avrebbe storto la bocca: «La beneficenza si fa, ma non si dice». Il mondo è cambiato, papà: in quello 2.0 dove viviamo adesso, la generosità non va dichiarata dal fruitore ma dal benefattore, altrimenti nessuno ci crede più. Chi sbaglia a comunicarla deve chiedere scusa e rimodulare il messaggio. Non solo per dare l’impressione di essere sincero, ma per insufflare il ragionevole dubbio di esserlo davvero. Ringraziamo la professoressa Ferragni per la lezione. Più Chiara di così.