ALESSANDRO BARBERA
L’offerta italiana di asili nido pubblici è una delle più basse dell’Unione europea. Per questo avremmo dovuto realizzare più di 260 mila nuovi posti entro il 2025, ma l’obiettivo è «irrealizzabile». Sarà questo uno dei passaggi più difficili dell’informativa con cui oggi il ministro degli Affari comunitari, Raffaele Fitto, farà il punto in Parlamento sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. In attesa dello sblocco della rata del secondo semestre 2022, il governo sta lavorando ai 27 obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno. Ebbene, fra questi ce ne sono almeno tre che l’Italia non riuscirà a completare: uno è il già citato obiettivo intermedio sugli asili, un secondo riguarda la costruzione di impianti per il rifornimento delle auto ad idrogeno.
Una volta approvato in via definitiva il decreto per la riforma della governance del Piano, ora il ministro deve correre per colmare i ritardi accumulati anche a causa di un provvedimento che ha paralizzato gli uffici ministeriali. Dopo settimane di silenzio, Fitto ha inaugurato la stagione della trasparenza che contempla l’ammettere errori e ritardi. In buona sostanza, oggi il ministro ufficializzerà in via preventiva la difficoltà a raggiungere gli obiettivi di giugno. Un’ammissione particolarmente delicata, visto che il governo stesso, dopo aver promesso la completa revisione del piano entro il 30 aprile, ora ha preso tempo fino alla scadenza legale del 31 agosto. Una fonte tecnica, sotto la garanzia dell’anonimato, spiega bene l’accaduto: «Avevamo l’opportunità di rivedere alcuni di questi obiettivi, ma avendo preso tempo sull’intero Piano ora tocca rispettare le scadenze intermedie». Questa frase sintetizza la difficoltà del governo Meloni a gestire tutti i problemi, solo in parte attribuibili alla nuova maggioranza: l’eccesso di ambizione, i ritardi della burocrazia, i rallentamenti dovuti alla riforma della governance, in ultima analisi l’approccio troppo politico di Fitto. «A voler essere onesti – ammette sempre la fonte tecnica – il governo non ha compreso fino in fondo la complessità amministrativa del Pnrr. L’attivismo politico di Fitto è apprezzabile, parlare con il commissario competente (Paolo Gentiloni, ndr) è sempre utile, ma conta anche la capacità della tecnocrazia di rispondere alle obiezioni dei singoli funzionari di Bruxelles». Per inciso: dalla fine di questa settimana l’italiano Marco Buti, già capo di gabinetto di Gentiloni e vecchia conoscenza dei palazzi brussellesi, andrà in pensione e diventerà professore all’Università europea di Fiesole. Verrà sostituito da un altro connazionale: il dirigente della Banca d’Italia Fabrizio Balassone.
Ora che il decreto di riforma dei poteri del Piano è approvato, Fitto cerca di far ripartire la macchina burocratica. Chiara Goretti, fin qui la responsabile della struttura di missione a Palazzo Chigi, dovrebbe restare ai vertici della struttura. Il problema asili, ben presente ai tecnici fin da Mario Draghi, è fra le più discusse a Palazzo Chigi sin da allora: i tempi dei Comuni sono troppo lunghi. La scorsa settimana, durante una lunga riunione a Chigi, Fitto ha discusso del problema con il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Quando il problema non sono i meri ritardi burocratici, c’è da fare i conti con decine di richieste di modifica dei progetti. Per accelerare i tempi il ministro degli Affari europei e Valditara hanno chiesto aiuto alle strutture provinciali del Tesoro. Entro un mese ci sarà un quadro preciso di tutti i ritardi del Pnrr: Palazzo Chigi sta raccogliendo i documenti per la relazione semestrale al Parlamento. Fitto spera così di poter dimostrare le responsabilità diffuse che stanno rallentando l’attuazione del Piano. «Siamo arrivati qui a ottobre, ci vuole malafede per sostenere che è tutta colpa nostra», va dicendo privatamente il ministro. Difficile dargli torto.
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