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30 Marzo 2023Biffoni: non si torna indietro dopo il via. Ghinelli: leggi speciali o gravissimi rischi
Giulio Gori
Se il caso dello stadio Franchi fa storia a sé, il fatto che un progetto del Pnrr che era stato discusso, approvato e finanziato, venga ora rimesso in discussione, semina il panico tra i sindaci della Toscana (e non soltanto). La paura, per non dire il terrore, è che oggi tutto possa essere messo in dubbio. Tanto più che in Italia, complici i tempi lunghi della burocrazia che si scontrano con quelli invece molto serrati imposti da Bruxelles, di certezze già ce n’erano ben poche. E a dirlo non sono solo i sindaci dei piccoli Comuni, alle prese con strutture amministrative risicate che stentano a portare avanti i progetti, ma anche quelli delle grandi città. «Se un progetto è stato autorizzato è autorizzato, non si torna indietro. L’Europa deve essere chiara e deve dimostrare serietà: quando un’opera pubblica ha già il via libera, ci sono tantissimi questioni aperte che non riguardano solo il finanziamento promesso. E se a Bruxelles intendono ridiscutere ogni progetto, siamo di fronte a un problema molto grosso». A dirlo è Matteo Biffoni, sindaco di Prato e presidente di Anci Toscana, l’associazione dei Comuni. A fargli eco è la segretaria nazionale di Anci, Veronica Nicotra, che parla dello stadio Franchi come di «una vicenda clamorosa»: «Il sindaco di Firenze ha assolutamente ragione e ha messo nero su bianco che, alla scadenza della concessione per il nuovo stadio, non verrà data alcuna fruizione esclusiva alla società Fiorentina calcio — spiega Nicotra — Aspettiamo con fiducia che il governo italiano replichi alle ennesime richieste di informazioni da parte della commissione europea: se vengono esclusi progetti così validi, non so bene che cosa si possa realizzare con il Pnrr».
Ma tra i sindaci, più che il riesame sul caso specifico del Franchi, a turbare è l’inflessibilità dimostrata da Bruxelles. Perché se le regole europee danno tempo strettissimi — quasi tutte le opere dovrebbero essere inaugurate entro il 2026 — e non ci sarà spazio per dei rinvii, il Pnrr italiano potrebbe uscirne dimezzato: «Inutile sperare che l’Europa ci dia più tempo — dice ancora Biffoni — La verità è che l’Italia è un Paese piantato come un palazzo, immobile. Il Dl Semplificazioni ha migliorato qualcosa, ma non ha risolto il problema: qui o si danno ai sindaci il potere e gli strumenti per fare queste opere o succederà un pandemonio. E in ogni caso, quando arrivano le gare di appalto tutte assieme, dove le troviamo le imprese edili?». Cosa fare quindi? «Servono norme come quelle che hanno concesso a Genova di rifare il ponte Morandi in due anni». Dello stesso avviso il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli, che ricorda i suoi studi in Ingegneria: «Quando mi sono laureato a Firenze, il mio relatore era Pietro Lunardi, che da ministro delle Infrastrutture fece la legge Obiettivo che permise all’Italia di fare l’Alta velocità. Ecco, mi rivolgo al governo Meloni (Ghinelli è di centrodestra, ndr ), serve una legge speciale, subito: un Comune non è un’impresa privata, noi abbiamo le soprintendenze, i vigili del fuoco, l’Antimafia, le gare d’appalto… Non se ne esce». «Non conosco il caso Franchi, ma non voglio neppure pensare che Bruxelles voglia rimettere in discussione i progetti — prosegue Ghinelli — Però il Pnrr in Italia è comunque a rischio. A meno che in una situazione emergenziale non si ricorra a leggi straordinarie». Ancora più pessimista Sandro Cerri, sindaco di Montecatini Val di Cecina e responsabile di Anci Toscana per i piccoli Comuni: «Sono molto preoccupato. Il nostro progetto più importante, per 1,5 milioni di euro, rientra nel bando sui borghi storici. Una volta partiti, abbiamo coinvolto soggetti esterni, dalla promozione turistica alla gestione dei musei. Fermarci e ridiscutere tutto sarebbe assurdo, anche perché i bandi erano chiarissimi. Però resta il fatto che la burocrazia ci impedisce di accelerare. E se non si aiuta chi ha strutture amministrative insufficienti, si rischia che tutto vada in fumo».
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