MONACO — Al congresso del Ppe, l’attacco della Francia contro Meloni ha l’effetto di una bomba. Soprattutto tra chi sta tessendo la trama di un possibile accordo con la premier italiana post Europee del 2024. Anche se i Popolari europei «vantano ancora 11 primi ministri», come ricorda il presidente, Manfred Weber, la consapevolezza è che a quell’appuntamento, il Ppe potrebbe perdere una decina di parlamentari. E l’aggressività di Parigi contro Meloni viene vista come il tentativo di affossare un possibile allargamento del Ppe a destra. Un piano che si sta rendendo ancora più inevitabile, per i filomeloniani, alla luce del destino incerto dello storico membro italiano dei popolari: Forza Italia.
Macron, l’esponente più importante dei liberali europei, non è l’unico ostacolo al progetto di Weber di un’alleanza del Ppe con FdI ma anche con i conservatori cechi, ossia con due partiti del gruppo rivale dei Conservatori Ecr su cui ha buttato un occhio. La scommessa è che il gruppo avversario presieduto da Meloni si frantumerà, dopo il voto, e che i popolari potranno assorbirne i pezzi più moderati. Ma la guerra di Macron contro Meloni è una spina nel fianco per chi ambisce a una coalizione tra Popolari, Liberali e pezzi di Ecr.
Il nemico, per Weber, è anche interno: deve convincere soprattutto «i colleghi del Benelux, i portoghesi e il polacco Donald Tusk», mentre «il greco Mitsotakis, i croati e i bulgari » non sono contrari a una futura collaborazione con FdI, argomentano due fonti vicine a Weber. Un continente spaccato, insomma, tra un nord contrario e un sud favorevole.
Quanto tuttavia il piano di una futura alleanza tra popolari e Meloni sia complicato si capisce quando i tre tenori dell’appuntamento di Monaco, i leader della Cdu, della Csu e del Ppe salgono sul palco per la conferenza stampa. Il leader Cdu, Friedrich Merz, è il più conciso. «Il governo Meloni si sta comportando in maniera più ragionevole di quanto non avessimo temuto». Per chi ci sta lavorando, un’apertura. Poi è la volta delcapo dei bavaresi della Csu, Markus Soeder. «Non riesco a immaginarmi che Meloni possa far parte del Ppe». Un “no” da interpretare alla luce di due fatti. Il primo è la sua storica rivalità con Weber. Il secondo, le elezioni di ottobre in Baviera, in vista delle quali Soeder ha bisogno di rinsaldare il muro invalicabile a destra.
La Cdu/Csu è ancora l’azionista di maggioranza dei Popolari. E le rivalità tra i tre tenori non riguardano soltanto l’alleanza con Meloni, ma anche la candidatura di Ursula von der Leyen per un secondo mandato. Una candidatura fragile, annunciata dalla Cdu/Csu, ma lanciata daSoeder per infastidire Merz e indebolirlo in vista dell’altra, grande sfida elettorale: quella nel 2025 per la cancelleria tedesca. Soeder sogna ancora di strappare quella poltrona al leader Cdu, e sa che von der Leyen è percepita da una parte del suo elettorato come troppo “verde”.
Non a caso il congresso di Monaco è dominato da due temi su cui i popolari sono critici con Bruxelles: Green Deal e agricoltura. E nel Ppe l’esecutivo di Bru xelles è già stato ribattezzato “Commissione Timmermans” per l’impronta ambientalista del vicepresidente socialista. Weber, dal canto suo, è poco convinto della candidatura della sua connazionale per un secondo mandato e non ha rinunciato all’attuale presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola.
Intanto, Weber lavora al patto con Meloni. I suoi fanno notare che al funerale di Benedetto XVI, Viktor Orban ha tentato per tre giorni invano di incontrare Meloni. E durante il suo primo incontro con lei, Weber le aveva dato due consigli: «Evita di farti vedere con Orban e vota a favore del congelamento dei fondi all’Ungheria». Meloni non solo lo ha fatto,ma la scorsa settimana FdI ha votato col Ppe il mandato sull’immigrazione. Segnali di convergenza che aiutano.
Al congresso, Weber ha elencato le 3 condizioni per far parte del Ppe: essere pro-europei, pro-ucraini, rispettare lo stato di diritto. Finora Meloni le soddisfa tutte. Chi si può considerare fuori da future alleanze col Ppe è la Lega del filorusso Matteo Salvini. Un “assoluto no-go”, sintetizza un vicepresidente.