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L’inchiesta giudiziaria che ha travolto la sindaca dimissionaria di Prato, Ilaria Bugetti, segna un passaggio critico non solo per la politica cittadina, ma per l’intero centrosinistra toscano. Le accuse di corruzione e scambio di favori con l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci, in un intreccio che coinvolge anche soggetti pubblici come Alia e Publiacqua, raccontano molto più di una vicenda giudiziaria: rivelano un sistema di relazioni opache tra politica, interessi economici e gestione dei servizi.
Il Partito Democratico si trova a gestire una crisi che, a pochi mesi dalle elezioni regionali, rischia di compromettere la tenuta dell’intera coalizione. Le dimissioni della Bugetti, fortemente sollecitate dai vertici, mirano a contenere i danni e a mantenere unita un’alleanza già fragile. Il Movimento 5 Stelle aveva già minacciato di chiamarsi fuori. Ma ora il “caso Prato” potrebbe avere un impatto ben più ampio, mettendo in discussione la narrazione di un “buon governo toscano” che il PD propone da anni.
Tentare di contrapporre il “sistema Bugetti” a un generico “sistema Toscana” virtuoso non basta. Serve molto di più: un’assunzione di responsabilità politica, una riflessione profonda sul rapporto tra potere e territori, una revisione delle modalità con cui si selezionano i gruppi dirigenti. Altrimenti, il rischio è che ogni tentativo di difesa suoni come una forma di autoassoluzione.
Infine, resta una domanda più ampia, che riguarda la Toscana nel suo insieme: quanto è radicata la commistione tra interessi pubblici e privati nella gestione delle infrastrutture e dei servizi? E quanto questa dinamica incide sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni?
Senza risposte credibili e azioni concrete, non sarà solo il centrosinistra a pagare il conto. Sarà la qualità della nostra democrazia a uscirne indebolita. (P.P.)