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6 Febbraio 2024
Soddisfatta Meloni, fredda la Lega. E le opposizioni presentano 2 mila emendamenti
Virginia Piccolillo
Dopo le consultazioni a distanza tra i leader e il via libera nella notte, da Tokyo, di Giorgia Meloni, il governo ha trovato l’intesa sul ddl costituzionale per l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Soddisfatta, la premier evidenzia come si sia lavorato per una «formulazione più chiara» di quella che definisce «la madre di tutte le riforme» e promette: «Basta inciuci».
Ma il testo non convince le opposizioni che hanno presentato oltre 2 mila emendamenti, oltre mille di Avs, più di 800 del Pd, 12 «chirurgici» del M5S e 11 di Italia viva. Critici anche alcuni costituzionalisti, come i presidenti emeriti della Consulta, Cesare Mirabelli e Giovanni Maria Flick. Rispettivamente denunciano: «La vita del Parlamento è nelle mani del premier» e «il Quirinale è ancora più indebolito dalla modifica». Un sistema «in linea con le dinamiche del premierato» controreplica invece il consigliere giuridico di Meloni, Francesco Saverio Marini.
Vediamo perché. Nel testo riformulato dalla ministra per le Riforme, Elisabetta Casellati, cambia la norma anti ribaltone. E prevede che nel caso il premier eletto cada a seguito di una mozione di sfiducia motivata, «il presidente della Repubblica scioglie le Camere». Non è prevista, dunque, alcuna interlocuzione con il Quirinale. Così pure se il premier si dimette, il testo prevede che «previa informativa parlamentare questi può proporre, entro 7 giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica che lo dispone». Se poi il premier muore, o ha un impedimento permanente o decade, il capo dello Stato può conferire «per una sola volta nella legislatura l’incarico di formare il governo a un parlamentare eletto in collegamento con lui».
«Non ci sarà più spazio per giochi di palazzo e ribaltoni. Garantiremo la certezza del voto», esulta Casellati. E il presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni, regista della mediazione, parla di «soluzione equilibrata che supera le obiezioni sul secondo premier che avrebbe avuto più poteri del primo: ora è il contrario». E apre a possibili «contributi migliorativi» delle opposizioni.
Forza Italia con Paolo Barelli apprezza il contributo alla «stabilità». Ma suscita curiosità lo strano silenzio ufficiale tenuto, fino a sera, dalla Lega. Meloni spera in un sì del Senato prima delle elezioni europee.
Ma le opposizioni preparano battaglia: «Il premierato della destra vuole ridurre la democrazia alla scelta del capo», attacca il dem Francesco Boccia. E Marcello Pera, FdI, resta perplesso: «C’è ancora da lavorare».