ROMA — Il ministero dell’Economia apre i giochi sul Monte dei Paschi. Con una mossa tecnica, avviando «il processo di selezione» dei consulenti finanziari e legali che assisteranno il Tesoro «nell’individuazione delle migliori modalità di dismissione della partecipazione di controllo». I “tutor”, spiega una nota del dicastero, «forniranno tale supporto in tutte le fasi di attuazione dell’operazione ». E qui finisce il messaggio in chiaro.
Ma il primo passo sul futuro della banca senese tiene dentro anche un altro significato: è un invito ai mercati a guardare all’impegno del governo. Ad apprezzarlo, auspicabilmente. Perché operare sulla quota di Mps che detiene ilMef (64,2%) significa iniziare a dare forma alle privatizzazioni, a loro volta uno degli impegni messi nero su bianco dall’esecutivo nella Nadef per ridurre, anche se di poco, il debito. La promessa è impegnativa, circa 1 punto di Pil in tre anni, quindi 20 miliardi. L’esecutivo fa affidamento anche sulla crescita per ridurre il fardello, ma la stima del Pil all’1,2% nel 2024 è risultata fin troppo ottimistica agli investitori, anche perché lontana dalle loro previsioni e da quelle della Commissione europea.
Ecco perché le privatizzazioni restano di fatto il solo strumento in mano al governo. Già dal prossimo anno, quando si prevede una discesa del rapporto debito/Pil di0,1 punti percentuali, proprio grazie all’avvio del programma di dismissione degli asset pubblici.
Ma le ragioni legate all’impegno sui conti pubblici devono misurarsi con un’altra esigenza, cara al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: evitare di svendere la banca senese. Non a caso la nota del Mef cita tutte le soluzioni possibili, ricordando tra l’altro che la vendita potrà essere effettuata «in una o più fasi». Nel ventaglio delle opzioni finiscono quindi «il ricorso singolo o congiunto a un’offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, compresi i dipendenti del Gruppo Banca Mps, e investitori istituzionali italiani e internazionali». Ma ancheuna trattativa diretta oppure «una o più operazioni straordinarie, inclusa un’operazione di integrazione». Le carte restano ancora coperte. Quella del terzo polo bancario appare sgualcita. Banco Bpm e Bper non ci stanno; Unicredit, in odore di nozze con Mps nel 2021, non è intenzionata a riprovarci. Insomma si faticano a trovare pretendenti. Ma l’avvio della selezione degli advisor è anche un modo, per il Tesoro, per ribadire alla maggioranza di governo che a decidere è il ministro dell’Economia. Un promemoria a Forza Italia e FdI che nelle scorse settimane si erano lanciati in dettagli sull’operazione giudicati alquanto sprovveduti.