L’amarezza dell’ex premier dal palco di RepIdee: “Non mi dà retta nessuno. Il tema riguarda Schlein Meloni e Tajani”
NAPOLI — È sconsolato il Professore. «Ho visto quello che sta succedendo, vuol dire che non mi dà retta più nessuno». Sono le prime parole di Romano Prodi quando sale sul palco del teatro di corte di Palazzo Reale a Napoli, nell’ambito della “Repubblica delle Idee”.
Nella direzione del Pd è stata comunicata da poche ore la scelta di Elly Schlein di candidarsi capolista al Centro e nelle Isole, per le Europee. Eppure l’ex premier da mesi aveva sconsigliato la segretaria: «Può farlo la destra, non il Pd — aveva dichiarato Prodi a gennaio — Servono capilista operativi». Constatare che addirittura il “suo” Pd abbia schierato la leader per acchiappare voti, brucia. Eccome se brucia.
«Perché dare il voto a una persona che di sicuro, se vince, non ci va?», si chiede Prodi nel corso del dibattito col sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, moderato dal vicedirettore di Repubblica Francesco Bei. «Queste sono ferite della democrazia — sentenzia l’ex presidente del Consiglio — che scavano un fosso per cui la democrazia non è più amata ». Prova ad allargare il discorso agli altri partiti: «Riguarda Schlein, Meloni, Tajani. Non è questo il modo di fare, di sostenere che la democrazia è al servizio del popolo. Perché il popolo così non conta niente, vota per uno e ci va un altro». È il giorno a RepIdee di Antonio Scurati, reduce dalla censura in Rai. «Quello che avrebbe detto Scurati sul fascismo, è quello che bisogna dire. I suoi libri fanno male ai fascisti», spiega il professore. Che abbassa gli occhi pensoso quando gli si chiede se gira aria di regime: «Ci sono segnali preoccupanti », ammette. «C’è una situazione di controllo — aggiunge sul palco — ognuno vuole essere più papista del Papa. Non so se la Meloni fosse d’accordo, ma la sua squadra è questa». Parlando di Europa, altra «ferita» per lui che è stato presidente della Commissione Ue, ricorre a una delle sue metafore più realistiche: «L’Europa è il più buono pane cotto nella politica mondiale, ma purtroppo essendo mezzo cotto non piace. Il problema per sfamarci è cuocerlo del tutto, non buttarlo via». A cosa si riferisce l’ex premier? Ilcahier de doleance è lungo: come creiamo una fiscalità comune se ci sono Stati come «l’Irlanda che da paese povero è diventato ricco con le multinazionali che mettono la sede lì?». Ancora: «Come possiamo pensare a una politica estera comune quando abbiamo Orbán in Ungheria, la Slovacchia che la pensa in un altro modo». Sono i «drammi che paralizzano l’Unione » contenuti nel rapporto presentato dall’ex premier Enrico Letta. L’inghippo si chiama «voto all’unanimità ». «Se lo manteniamo — preconizza Prodi — le riforme non le mettiamo in pratica». Per esempio: la difesa comune. «Se ci fosse stato un esercito europeo — è convinto il professore — Putin non avrebbe attaccato l’Ucraina. L’ha fatto pensando che la Nato non avrebbe potuto intervenire e perché di fronte ha un’Europa debole. Chi pecora si fa, il lupo se lo mangia. E io non sono un guerrafondaio. Con l’esercito europeo, spenderemmo pure meno…». Guardando ai futuri scenari internazionali, le elezioni americane non fanno dormire sogni tranquilli: «L’Europa si deve preoccupare molto se vince Trump — attacca il professore — Sta rivenendo fuori lo spirito di isolazionismo dell’America, per cui noi per conto nostro e gli altri si arrangino». Una strigliata a Bruxelles arriva anche dall’ingegnere Manfredi: «Il Sud è una grande opportunità, può essere un ponte con l’Africa, ma non c’è una istituzione europea al di sotto di Roma». Anche se a scale politiche diverse c’è un tratto in comune tra i due professori: la capacità politica di costruire alleanze larghe. «Bisogna partire dai programmi — suggerisce Manfredi — Ci vuole riformismo e radicalità, mettendo al centro diritti, prospettive e anche sogni delle persone».
A partire dalla salute. E a sentire Prodi c’è da essere allarmati: «La sanità non la si uccide col coltello, ma soffocandola adagio. Quando per fare una analisi si tarda mesi, è chiaro che una persona si rivolge alla sanità privata. Stiamo distruggendo un gioiello che abbiamo costruito. Perché l’Europa ha commesso grandi crimini, come due guerre, nel secolo scorso, ma almeno ha costruito il welfare con la scuola e sanità. Se perdiamo questi due aspetti, perdiamo la democrazia».