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15 Marzo 2025«Putin gioca con il tempo, vuole guadagnare terreno Gli Usa? Non più alleati, l’Europa si deve svegliare»
di Stefano Montefiori
L’ex presidente francese: «Abbiamo fatto troppo poco per Kiev»
PARIGI Nell’ufficio davanti alle Tuileries, tra un manifesto di Jean Jaurès e un altro di François Mitterrand, il presidente emerito e deputato socialista François Hollande parla con il Corriere della guerra in Ucraina, di Putin, Trump e la sinistra, e anche di una prossima corsa verso l’Eliseo nella quale non è solo spettatore.
Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia era d’accordo nel fermare i combattimenti, ma allo stesso tempo ha elencato una serie di «sfumature» e «riserve». Questo la sorprende?
«No. Avendo io stesso negoziato gli accordi di Minsk, so che nei prossimi giorni Putin cercherà di accentuare il suo vantaggio sul campo. Dunque, giocherà con il tempo e intensificherà ancora la sua offensiva, lasciando al contempo intendere a Donald Trump che, prima attraverso un contatto telefonico e poi magari con un incontro, si potrà avviare una trattativa per un cessate il fuoco».
Dieci anni fa, quando lei era presidente della Francia, l’Europa era protagonista dei negoziati con il formato Normandia. Oggi l’Europa non partecipa ai colloqui. Che cosa è successo?
«Barack Obama aveva accettato che fossero gli europei, nella fattispecie Angela Merkel e io, a condurre i negoziati con il presidente ucraino dell’epoca, Petro Poroshenko, e con Vladimir Putin. Quel che è successo dopo è che, a mio avviso, l’Europa non ha fatto abbastanza per aiutare l’Ucraina, lasciando agli Stati Uniti di Joe Biden il ruolo principale. L’arrivo di Donald Trump cambia le carte in tavola perché, a differenza del suo predecessore, lui intende negoziare direttamente con Putin un accordo di pace, escludendo almeno in un primo momento l’Europa. E, cosa ancora più grave, ha deciso di attaccare da un punto di vista commerciale ed economico l’Europa. Come possiamo considerarlo ancora un nostro alleato?».
Come allora, se non alleato?
«Bisogna definirlo come un partner eminente. Eminente perché è stato eletto dal popolo americano. Ma soltanto un partner, perché si sta allontanando dai suoi obblighi e perché sta infliggendo danni alle nostre economie. La risposta degli europei deve essere all’altezza di questa offensiva commerciale».
Che cosa pensa dell’insistenza di almeno una parte degli europei nel sostenere il legame indissolubile con gli Stati Uniti, mentre sono gli Usa ad allontanarsi?
Il Pd diviso? Ognuno ha la sua storia, e la loro affonda le sue radici nel comunismo. Questo ci fa ricordare quanto sia stato giusto rompere
con il sovietismo russo. La sinistra difende
la democrazia, la libertà e l’indipendenza
«Dobbiamo conservare la Nato e le regole dell’Alleanza atlantica, ovvero la solidarietà in caso di aggressione a un Paese membro da parte di una forza esterna. Il punto non è la nostra appartenenza alla Nato, ma capire cosa vogliono fare ancora gli Stati Uniti di questa organizzazione e all’interno di questa alleanza. Molti Paesi europei non riescono a rassegnarsi al distacco o addirittura a una possibile rottura. Devono aprire gli occhi. Dobbiamo garantire autonomamente la sicurezza del continente. È forse più facile per la Francia, che ha capacità militari significative e dispone della forza di deterrenza, e più complicato per la Germania, la Polonia, i Paesi Bassi o l’Italia, che vedevano nella tutela americana un vero ombrello protettore. Capisco che sia una lacerazione, e molti sperano ancora che il divorzio non venga ufficializzato. È come nelle coppie. Si cerca di prolungare quella fase in cui si sta ancora insieme, pur essendo già lontani».
Che cosa si sente di dire al Partito democratico italiano guidato da Elly Schlein, che sull’Ucraina ha votato in parte come la sinistra radicale, come i comunisti o La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon?
«Ognuno ha la propria storia, e quella del Partito democratico affonda le sue radici lontane nel comunismo, almeno nell’eurocomunismo. Questa storia permette di ricordarci quanto sia stato necessario rompere con il sovietismo russo. La sinistra non vuole la guerra, difende la democrazia, la libertà, l’indipendenza e il diritto internazionale. Questi valori non si negoziano. François Mitterrand diceva che i pacifisti stanno a Ovest, e i missili a Est. È ancora vero, e in più oggi ci sono anche soldati russi e persino nordcoreani. Alla fine della sua carriera politica, il presidente Mitterrand disse anche che il nazionalismo era la guerra. E il nazionalismo, è quello di Vladimir Putin».
Si parla molto della deterrenza nucleare francese e della possibilità che venga estesa all’Europa. Tra due anni ci saranno le elezioni per l’Eliseo. È possibile un capovolgimento della stessa portata di quello di Trump alla Casa Bianca?
«Se il contesto internazionale resterà così teso, la posta in gioco delle elezioni presidenziali in Francia sarà la concezione della nostra difesa, le alleanze, l’Europa e la credibilità di fronte alle minacce. Gli elettori dovranno riflettere attentamente nel 2027 su chi vogliono alla presidenza della Repubblica. Meglio un presidente cosciente della minaccia russa, e che non ha mai avuto alcuna complicità con Vladimir Putin. Il presidente della Repubblica è il capo dell’esercito e dispone della forza di deterrenza nucleare. Non si può affidare un grande Paese come la Francia a un dirigente politico qualsiasi».
Pensa a sé stesso come possibile presidente? Lei ha già conosciuto Putin e questo genere di situazioni.
«Se si dovesse avere incontrato Putin per essere candidati, mi troverei quasi in una situazione di monopolio, ma non è questo il buon criterio. L’esperienza si può acquisire. Prima di essere presidente, per definizione non ce l’avevo. Ero però cosciente di che cosa rappresenta questa responsabilità. In ogni caso, metterò tutto quel che ho imparato al servizio del mio Paese, qualsiasi cosa accada».