Il leader confermato con l’87% “Guerra mondiale a un passo” La protesta dell’altra Russia
MOSCA — Quando mancano cinque minuti a mezzogiorno, davanti alla scuola numero 199 di Mosca diventata seggio elettorale si aggirano soltanto due poliziotti annoiati. Non appena scoccano le 12, da ogni angolo si materializzano coppie, giovani e pensionati e in men che non si dica si forma una coda ordinata fin sopra la gradinata che porta a un giardino vicino. Sono in 50. Ma per uno che va, qualcun altro arriva, trafelato come chi teme di mancare un appuntamento. Il ricambio è veloce. Gli scrutatori sono solerti. Prokhodite, “entrate”, dicono agli elettori che indugiano sull’uscio della palestra con canestri e spalliere alle pareti. Una mezz’ora dopo, il piazzale torna deserto. «Puff. È stata come una magia », commenta entusiasta Anastasija, insegnante 29enne, capelli rossi e ombretto brillantato, agitando in aria una bacchetta immaginaria. «Il Mezzogiorno contro Putin ha funzionato». Quel che resta dell’opposizione russa, dispersa tra carcere in patria ed esilio all’estero, aveva invitato tutti coloro che dissentono dal leader del Cremlino a presentarsi ai seggi alle 12 della terza e ultima giornata di presidenziali russe e a tentare di scalfire la scontata vittoria di Vladimir Putin invalidando la scheda elettorale o votando per uno dei suoi tre avversari fantoccio. Un’azione di protesta pacifica e, soprattutto, legale, a dispetto di anonimi sms minatori e avvertimenti della procura, che ha dato «un po’ di speranza” a russi come Anastasija o come lo studente di Giurisprudenza Grigorij, vent’anni, venuto a onorare l’oppositore Aleksej Navalny. «Prima di morire in carcere, aveva sostenuto l’iniziativa. È stato il suo testamento politico. Sulla scheda ho scarabocchiato il suo nome. Non sono un sentimentale, ma davanti alla sua tomba ho pianto. È stato lui a insegnare alla mia generazione l’importanza della politica. La fila di oggi mi aiuta a credere nel cambiamento. Mi fa capire che non sono solo». Difficile quantificare le code di mezzogiorno sparse nei 100mila seggi distribuitisugli 11 fusi orari della Federazione Russa, ma è indubbio che si tratti di una goccia nell’oceano di 114 milioni di elettori russi che in tre giorni hanno tributato al leader del Cremlino 71enne il risultato mai visto nei suoi 24 anni al potere e in tutta la storia della Russia post-sovietica: l’87,8% dei voti, a metà spoglio, e un’affluenza del 74,22 contro il 76,7% e il 67,5% del 2018. Percentuali che gli consegnano, com’era scontato, un quinto mandato fino al 2030 quando sorpasserà Iosif Stalin come leader russo più longevo. E che dicono all’Occidente che dovrà fare i conti con l’ex agente del Kgb ancora a lungo.
L’ex banchiera, oggi pensionata 67enne, Vera Vjacheslavovna, ha abbastanza anni per sapere di essere minoranza. «Continuo a chiedermi in che direzione vada questo Paese. Non avevo mai partecipato a una protesta dalla rivolta dell’ottobre 1993, quando ho capito che le rivoluzioni fanno male al popolo e bene ai mascalzoni», dice con tono rassegnato quando la folla in ultisa Dmitrija Uljanova si è dispersa da un po’. A differenza dei giovani Anastasija e Dmitrij è delusa dalla risposta all’appello di Putin. Il quartiere Akademicheskij, a Sudovest dell’Anello dei Giardini di Mosca, dove ci troviamo, è la rinomata base dell’intelligentsija. «Il presidente adesso ci chiama quinta colonna. Mi aspettavo che a venire fossimo di più. Ma quelli che potevano negli ultimi due anni sono andati via». All’estero. Dove si formano lunghe file alle ambasciate.
Pur di scongiurare scene simili in Russia, le autorità si sono inventatedi tutto. Non solo hanno arrestato 80 persone in 20 città e hanno esercitato sugli elettori pressioni «mai viste in vent’anni» da Stanislav Andrejchuk, copresidente dell’ong di osservatori indipendenti Golos. Ma hanno usato il pretesto dell’ultima giornata di Maslenitsa, sorta di Martedì Grasso del calendario ortodosso, per organizzare “lezioni di cucina” alle fiere di diverse città. Appuntamento, ovviamente, a mezzogiorno. A Novye Cheremushki, il quartiere che negli Anni ’50 vide spuntare le prime krusciovke, le case popolari volute da Nikita Krusciov, le file sono altre: per imparare a cucinare ibliny,sorta di pancake, o idraniki,frittelle di patate. Rifat Junis e la moglie Elvira, 30 anni, si sono messi in coda per ritirare una coperta e cuscino: un premio per aver partecipato al referendum per ribattezzare una via del quartiere. Non prima di aver dato il proprio voto digitale a quello che definiscono «il presidente migliore del mondo». Il ventenne Vladislav, alto due metri, una spilletta sul piumino “Russia al lavoro”, dice di aver ricevuto mille rubli in cambio del voto. «Un premio per la mia prima volta». Ha votato per Leonid Slutskij. Voto di protesta? Non lo dice. Va via con un prjanik, panforte, bottino di una delle tante lotterie. A un seggio vicino, lo ieromonaco Kosma del monastero Donskoj vota per Vladimir Vladimirovich perché «aiuta la Chiesa e ha una fede sincera». Anche se, ammette, «la Chiesa non dovrebbe seguire la politica, ma il Cristo. La sinergia ci toglie libertà» e sarebbe sempre «meglio pronunciarsi per la pace, come dice il Vangelo, anche perché in guerra sono due popoli ortodossi».
Dubbi che non sfiorano i putiniani venuti a brindare la vittoria all’evento “Notte elettorale” all’ultimo piano tutto vetrate del centro commerciale su Tsvetnoj Bulvar. L’appuntamento, anche qui, è a mezzogiorno. Lo slogan è programmatico: “La Russia non ha confini”. Copyright: Putin. Quando arrivano i risultati parziali, il presentatore esplode negli stessi superlativi usati dalla tv di Stato: «colossale», «incredibile», mentre il team di Navalny denuncia un risultato «slegato dalla realtà». Il trionfatore appare soltanto intorno a mezzanotte al suo quartier generale a Gostinyj Dvor dove in conferenza stampa avverte che l’invio di truppe straniere in Ucraina ipotizzato da Parigi porterebbe «sull’orlo di una terza guerra mondiale», conferma che era pronto a liberare Navalny in uno scambio e si vanta che «non c’è democrazia in Occidente tanto meno negli Usa». Ma il messaggio più importante lo ha detto prima ai sostenitori: «Questa vittoria mostra che siamo sul cammino giusto. Saremo più forti e più efficaci. La priorità ora è l’Ucraina». Parole salutate dai presenti dal coro «Rossija! Rossija! Rossija!». Sulle t-shirt: Putin- Russia-Vittoria. Un’equazione che approfondisce l’abisso tra la Russia di mezzogiorno e quella di mezzanotte.