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Negli ultimi mesi il presidente Trump si trova ad affrontare difficoltà sorprendentemente simili a quelle che aveva usato per delegittimare il suo predecessore. L’età, la tenuta fisica e soprattutto la percezione dell’andamento economico stanno diventando punti critici della sua presidenza, alimentando un clima che ricorda molto da vicino quello vissuto negli ultimi anni del mandato precedente.
Alcune immagini pubbliche, che lo mostrano stanco o poco reattivo, hanno riacceso interrogativi sul suo stato di salute, mentre la comunicazione ufficiale è spesso costretta a difendere l’ovvio, arrivando a celebrare come eccezionali gesti ordinari di lavoro istituzionale. Un copione già visto, che inevitabilmente richiama paragoni scomodi.
Il nodo principale resta però l’economia. In un recente intervento pubblico, Trump ha insistito sui dati macroeconomici positivi, minimizzando le difficoltà quotidiane delle famiglie e suggerendo che il disagio percepito sia in fondo esagerato. Una linea che aveva già penalizzato chi lo aveva preceduto, accusato allora di non comprendere il peso reale dell’inflazione e del costo della vita. Anche all’interno del suo stesso schieramento, queste uscite sono state giudicate distanti, se non offensive, rispetto all’esperienza concreta di molti cittadini.
C’è poi un elemento di evidente contraddizione politica. Trump continua a colpire verbalmente l’ex presidente su stanchezza, inefficienza e gestione economica, mentre si ritrova a essere criticato per gli stessi motivi, a quasi un anno dall’inizio del suo nuovo mandato. Il nome del suo predecessore ricorre ossessivamente nei suoi discorsi, come se il confronto con il passato fosse diventato una necessità costante, più che una strategia.
Infine, anche sul piano comunicativo, i suoi interventi pubblici appaiono sempre più erratici. Discorsi annunciati su temi precisi finiscono per disperdersi in digressioni, attacchi identitari e slogan da campagna elettorale permanente, al punto che lo stesso entourage sembra ricordargli la necessità di tornare a “fare campagna”, come se la presidenza non bastasse più.
Il paradosso è evidente: nel tentativo di esorcizzare i fantasmi del passato, Trump rischia di incarnarli. E Washington, ancora una volta, conferma la sua vecchia regola non scritta: restare troppo a lungo al centro del potere può trasformarti esattamente in ciò che avevi promesso di combattere.





