Tasto rewind. Eccoci, siamo in Parlamento, dove si votano le mozioni in vista del Consiglio europeo. Mentre lì fuori sta cadendo a pezzi il mondo. Si sa come è andata a finire: sei mozioni (del centrosinistra) a una. Non essendo una partita di tennis, è una Caporetto. Alle cronache resta che Giuseppe Conte ed Elly Schlein neanche si applaudono i rispettivi discorsi.

Per curiosità sullo stato dei loro rapporti, anche personali, facciamo un paio di telefonate. Appuriamo che, ormai, non si telefonano, non hanno consuetudine, non si coordinano. La vicenda di Atreju – vi ricordate? – ha scavato un solco. Quell’essere apostrofato come un Salvini qualunque a Conte proprio non è andato giù. È entrato in modalità «ti faccio vedere chi sono io», ed è visibile a occhio nudo.

Vabbè, andiamo avanti. Altra curiosità. Magari qualcuno avverte l’esigenza di dire, nel day after della Caporetto, che, insomma, c’è la necessità di affrontare la questione della politica estera una buona volta, perché, se sul principale dossier su cui si gioca la partita nel mondo tra i due c’è una distanza grande quanto il Donbass proprio ora, peraltro che Giorgia Meloni è in difficoltà, allora, come si suol dire: «Di che stiamo parlando?».

Macché, non c’è neanche l’intenzione. Del resto, c’è chi lo ha teorizzato: «Marciare divisi, poi colpire uniti». E, se questa è la linea, la marcia è trionfale, ma i colpi, per ora, sono a salve. Solo che, in questa marcia, l’uno stabilisce il passo, gli altri arrancano. Perché, se il partito più europeista di tutti non censura il suo alleato neanche se dà ragione a Trump quando fa a pezzi l’Europa, voi capite… Pure per mettere la parola «asset russi» nella mozione del Pd, ci sono volute due verbose riunioni di gruppo.

Seguiteci ora a un convegno, perché il dettaglio spiega bene il tutto, se volete un’istantanea del centrosinistra, priorità e umori. Dopo l’Aula dell’altro giorno, Conte è ad un evento, dove si presentano un paio di ricerche. Su di lui. La prima, dell’agenzia Socialcom, sulla popolarità “social” dei leader del cosiddetto campo largo. E chi è il più popolare del bigoncio? Conte, ça va sans dire, seguito, in questo caso da Matteo Renzi. Chi raccoglie più like? Sempre lui. E ovviamente, come candidato premier, batte Elly Schlein. La seconda è un sondaggio Emg di Fabrizio Masia. Chi è più competitivo contro Giorgia Meloni? Ovviamente sempre Conte, mentre con la segretaria del Pd la partita sarebbe più complicata.

Ora, intendiamoci, il punto non è l’attendibilità delle rilevazioni, il campione, eccetera eccetera, ma la circostanza spiega bene cosa è nella testa, anzi in cima ai pensieri dei leader del centrosinistra. Per Elly Schlein vale lo stesso, e infatti non perde occasione per cercare la polarizzazione con la premier, per dire l’anti-Meloni c’est moiSia chiaro, tutte le ambizioni di andare a palazzo Chigi sono legittime, però qui c’è un non banale dettaglio: leader sì, ma di cosa e per fare cosa?

Va di moda, chiacchierando in Parlamento, una tesi che litiga con la politica: in fondo, si dice, pure quegli altri sono divisi, peccato però che votano assieme sull’Ucraina, anche se si può discutere su quanto l’intensità del sostegno si sia abbassata. E va di moda la tesi che, al dunque, un accrocco si troverà. E peccato però che tempi e danze della fantomatica ora X le meni sempre Conte. Che ha fatto sapere, senza suscitare tanto sdegno: prima del prossimo autunno di mettersi attorno a un tavolo non se ne parla.

Nel frattempo è impegnato nella sua campagna di ascolto. Che consiste, per usare le sue parole, nel mettere «fieno in cascina», ovvero mietere consensi, distinguendosi. C’è un’idea dietro: quella di risvegliare un elettorato dormiente recuperando la trasversalità del Movimento. E, infatti, batte molto sulla sicurezza, oltre che sull’economia: immigrazione, proposte di legge anti-borseggi, denuncia del degrado cittadino. Ieri è stato arruolato anche Er Cicalone, il popolare youtuber di periferie disgraziate che va a caccia di ladruncoli sulle metro romane. Chissà, a qualcuno verrà in mente di candidarlo.

Poi, si vedrà: assetto, programmi, modalità di scelta del leader. Ci vorrebbe un regista di un progetto politico, invece ci sono due aspiranti “primi attori” in competizione tra loro. Di comune c’è solo tanto anti-melonismo, quasi ossessivo in cui ognuno gioca a fare Meloni con Meloni. Ma li avete sentiti quanto urlano? E poi diciamocelo, a battere la gran cassa sull’economia che non cresce, le promesse mancate, le accise non abolite, la Fornero forever, è facile. Ma, anche qui: la proposta, magari anche comune? Che noia, la trama è inchiodata.

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