Fuori dai cancelli della Rai esplodono le proteste, dentro l’azienda il clima plumbeo appesantisce il lavoro nelle redazioni. La coda lunga del festival di Sanremo continua a impegnare viale Mazzini. Ma anche la comunità filo palestinese, che ieri ha deciso di manifestare in massa davanti alle sedi Rai in tutta Italia per contestare la presa di posizione dell’ad, Roberto Sergio, dopo le frasi di Ghali contro «il genocidio» a Gaza. A Napoli la polizia che presidiava il palazzo ha addirittura usato i manganelli, lasciando a terra cinque manifestanti. Feriti anche cinque agenti.
Solidarietà a chi protesta è stata espressa dalla senatrice del Movimento 5 stelle, Mariolina Castellone. «Sono davvero sconcertata per quanto accaduto all’esterno della sede Rai di Napoli, dove dei giovani attivisti che manifestavano in modo pacifico sono stati brutalmente manganellati a sangue dalle Forze di polizia» ha detto in apertura di seduta in Aula la vicepresidente dei senatori grillini. «È preoccupante l’uso sempre più frequente della forza per sopprimere il dissenso e le proteste».
Anche i componenti dem della commissione Vigilanza chiedono chiarimenti al ministro dell’Interno: «Quanto successo davanti alla sede Rai di Napoli è grave. Le manifestazioni pacifiche non possono essere represse con l’uso della forza. Il ministro Piantedosi chiarisca su quanto avvenuto. Dalle immagini riprese dalle principali testate del web vediamo le forze dell’ordine prendere a manganellate la folla. Una giovane donna è stata ferita alla testa. Dove siamo arrivati?»
Altre manifestazioni contro il comunicato dell’amministratore delegato, pubblicato domenica scorsa e letto in diretta da Mara Venier a Domenica In, si sono svolte a Venezia, Torino, Firenze e in altre città. Stasera si manifesta a Milano, sabato si scenderà in piazza anche a viale Mazzini.
La protesta montata dopo la fine del festival, a cui avevano assistito dalla platea esponenti di tutto l’arco parlamentare, non accenna a scemare. Venier, da parte sua, ha cercato di smorzare le polemiche spiegando al Corriere della Sera di non aver censurato nessuno.
L’interruzione di Dargen D’Amico, che stava parlando di immigrazione, sarebbe stata dovuta soltanto a una questione di tempi televisivi. «Sono una conduttrice Rai. Se l’amministratore delegato della Rai mi chiede di leggere un comunicato, io lo faccio. Quanto al contenuto, forse qualcuno non è d’accordo con la condanna del massacro del 7 ottobre? Certo, è doveroso ricordare anche le vittime innocenti di Gaza».
SOLIDARIETÀ A SERGIO
Sergio dopo la prima manifestazione ha incassato la solidarietà dei consiglieri d’amministrazione di maggioranza, in quota dipendenti e M5s. Al fianco dell’ad anche Giuseppe Conte e Matteo Salvini, in una riedizione dell’asse gialloverde in salsa Rai. Diverso il punto di vista della presidente Marinella Soldi, che anzi ha preso le distanze dal documento dell’amministratore delegato – steso senza prima condividerlo con consiglio o presidenza, viene fatto notare da viale Mazzini – preferendo non intervenire pubblicamente ma veicolando «fortissimo disappunto».
I due si sarebbero incontrati a valle del fatto, ma per il momento non si sono registrati significativi passi avanti. Il rapporto, già compromesso da tempo, rischia di provocare una rottura definitiva durante il prossimo consiglio d’amministrazione, in calendario per il 22 febbraio, dove la vicenda potrebbe tornare in primo piano, anche se non è ancora chiaro in che forma.
A disapprovare la presa di posizione di Sergio è stata anche Bria, consigliera di area dem che già nei giorni scorsi aveva scritto su X: «Il ruolo della tv pubblica è garantire una libera informazione, completa e veritiera. E di tutelare la libertà d’espressione artistica».
LA VITA IN RAI
In azienda, intanto, è calato il gelo. L’impressione che restituiscono i giornalisti è di una pesantezza generale: «Ma Venier è una conduttrice, i giornalisti probabilmente si sarebbero rifiutati di leggere un comunicato dell’ad. Per quanto riguarda i servizi, quando è stato tentato di far mandare un servizio unico in tutte le Tgr i cdr si sono ribellati».
Quello che segnalano in tanti, invece, è una costante necessità di riequilibrare i servizi che vanno in onda: «Ci sono sempre stati argomenti sensibili, ma notiamo che sempre di più ci viene chiesto di applicare un bilancino ridicolo». Che poi, fanno notare dalle redazioni, è la strategia che ha tentato di mettere in campo Sergio con il comunicato che avrebbe dovuto compensare le parole di Ghali dopo le polemiche dell’ambasciata israeliana e della comunità ebraica.
E sottolineando che l’allontanamento, anche fisico, di chi non era allineato faceva presagire un clima di imposizione ideologica fin dall’inizio del nuovo corso. Chi ne ha preso il posto, ora, rischia di essere più realista del re: «C’è la preoccupazione di mantenere il posto quando ci sarà il rinnovo del cda a giugno e quindi alla vigilia del rinnovo tutti sono doppiamente attenti a tenere la linea».
Il comunicato letto in diretta, però, sposta ancora un po’ più in là la linea che misura l’intromissione dei vertici nella linea editoriale. «Nei rapporti interni penso che ci sia un prima e un dopo Sanremo», dice Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione Vigilanza.
Di diverso avviso è Francesco Palese, segretario di Unirai. Ammette che «non c’è un bel clima intorno alla Rai», quindi «c’è bisogno di abbassare tutti i toni per riflettere serenamente sul futuro della Rai». Per quanto riguarda l’intromissione della politica in azienda, invece «non è cambiato niente. Se adesso c’è TeleMeloni, prima c’era TeleDraghi e prima ancora TeleConte».
Nel dubbio, però, c’è soddisfazione per i risultati del festival: «Siamo contentissimi dello share e dell’incasso pubblicitario che ha raccolto Sanremo». Ed è vero: è stato il festival dei record, per entrambi gli aspetti. Per Sergio, sarebbe stato un ottimo biglietto da visita, se non fosse stato per le devastanti polemiche che lo stanno seguendo.