L’eclissi cattolica in politica
29 Agosto 2022I coccodrilli non volano più: il crollo delle certezze a sinistra
29 Agosto 2022Cominciata male, finita peggio. La cosiddetta «riforma Bianchi» sul reclutamento e la formazione docenti ha subito una nuova, pesante, bocciatura. È di giovedì scorso il parere del Consiglio superiore dell’istruzione in merito a una delle norme contenute nei decreti attuativi riguardante «la valorizzazione professionale legata alla mobilità del personale docente».
Il decreto legge, l’ultimo in materia di scuola fatto dal governo Draghi, viene bocciato dal Cspi nella parte che attribuisce un incentivo in denaro al personale che non fa domanda di trasferimento in altra scuola. Provvedimento, come riconosce lo stesso parere del consiglio dell’istruzione, che garantirebbe «la continuità didattica; uno dei presupposti per una efficace attuazione del diritto allo studio degli alunni e, in particolare, di quelli con disabilità».
Secondo il Cspi il decreto Bianchi è però «poco efficace e foriero di contraddizioni e problematiche per il personale e per la scuola: i criteri individuati dal decreto non permettono di incentivare solo chi volontariamente sceglie di assicurare la continuità didattica ma anche chi, pur avendo prodotto domanda di trasferimento, casualmente non l’ha ottenuta». Inoltre, aggiunge il Consiglio dell’istruzione,«non si fa alcun distinguo rispetto al personale docente che, pur non avendo chiesto trasferimento, sia stato destinatario di mobilità d’ufficio o a domanda condizionata, per cui la condizione di soprannumerarietà diventa occasione di penalizzazione».
Altri, evidenti, errori sono contenuti nel provvedimento come il non aver previsto alcuna distinzione tra comune e provincia di residenza del docente rispetto a quella in cui ha sede la scuola. In questo modo l’incentivo in denaro verrebbe riconosciuto a chi è residente nella stessa provincia (ma non nello stesso comune) e a chi è residente fuori provincia. Oltre agli errori di sostanza ci sono anche quelli di forma perché una modifica della retribuzione dei docenti attraverso incentivi economici deve passare dalla contrattazione sindacale.
È stata proprio la carenza di confronto con le organizzazioni delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola all’origine delle aspre critiche, sfociate nello sciopero di tutte le sigle sindacali a maggio, contro il ministro Bianchi. Un confronto al quale Bianchi è sempre rifuggito delegando i rapporti sindacali al suo capo dipartimento, Stefano Versari, già direttore dell’istruzione in Emilia Romagna quando il ministro era assessore regionale.
La decisione del Cspi è stata ripresa da Giuseppe Buondonno, responsabile scuola di Sinistra italiana e capolista in Lombardia di Verdi e Sinistra che ha commentato: «Qualcuno spieghi a Bianchi e ai burocrati del ministero il cardine democratico dei corpi intermedi e della contrattazione sindacale. Il parere del Cspi è già una bella lezione. Ma aggiungo una nota sul contenuto: per garantire continuità didattica, serve assumere molti più insegnanti stabilmente, a cominciare da quelli di sostegno. E, magari, tornare all’organico funzionale. E non qualche incentivo, ma stipendi più dignitosi per tutti».